L'eredità di monsignor Dalponte



Un augurio alle nuove generazioni: sappiamo i giovani difendere il patrimonio ideale che i vecchi ci hanno lasciato, l'amore alla libertà e al lavoro. In tempi lontani solo le nostre terre erano libere: “A casa mia entra il vento e il sole, ma non ci mette piede il re”. Il senso del dovere, della giustizia, della solidarietà, della cooperazione; l'attaccamento alla famiglia, alla terra natia, alla propria gente, che pur disseminata in borghi e paeselli è stretta in un' unità nel comune vincolo di storia, di fede e di cultura. Anche per loro non c'è eredità migliore da lasciare”. Così monsignor Dalponte concludeva un' intervista rilasciata in data 4 ottobre 2001 a don Fortunato Turrini.
Don Dalponte morì il 9 settembre 2002 e fu sepolto nel cimitero di Vigo Lomaso l'11 settembre 2002 dopo il rito funebre celebrato nella cattedrale di San Vigilio. A conclusione di questa breve biografia si potrebbero citare molte testimonianze ma forse una, scritta di suo pugno, è davvero emblematica della “mission” che il prete di Vigo Lomaso perseguì nel corso della sua vita: il suo testamento spirituale che scrisse il 9 settembre 1987.
“Oggi ho compiuto sessantasei anni, ho già fatto un lungo cammino. E la vita mi ha dato molto: l'ho amata come un gran dono e il pensiero della morte non mi ha mai turbato, anche se l'ho spesso presente. Ritengo di essere stato un uomo fortunato, non tanto per merito mio ma della Provvidenza di Dio.
Ho avuto per buona sorte due meravigliosi genitori e una stupenda famiglia. Non mi furono risparmiate le ore di dolore fin dalla giovinezza con la prematura scomparsa del fratellino Rico, ma la fede mi ha insegnato ad accettarle e a considerarle come le più preziose.
Ho lavorato, fin da piccolo, sui campi e a scuola con grande entusiasmo e con una buona dose di ottimismo, che non mi è mai mancato, nemmeno nei momenti più scabrosi.
Due grandi grazie mi sono state elargite dalla Provvidenza di Dio: il sacerdozio e l'insegnamento! Sì, sono state due grandi grazie e la fonte di continue soddisfazioni.
Come sacerdote di Cristo ho cercato di sostenere i credenti soprattutto nella loro fede e di “far fare bella figura a Dio”. E' stato questo secondo proposito un grossolano atto di presunzione, lo sento, ma probabilmente farei ancora così.
Come insegnante ho voluto il bene dei miei alunni, la loro personale riuscita, come studenti e come persone. Ma devo molto anche a loro: incontrarmi con loro, ogni giorno, è stata una continua festa per me. Per il lavoro svolto al Collegio Arcivescovile di Trento, come direttore e preside, sono profondamente riconoscente ai bravi e generosi colleghi, sacerdoti e laici, che mi hanno sostenuto nel ministero scolastico.
In questa giornata, pensando al tramonto della vita che s'avvicina, più che grossi rimproveri di non essere stato migliore come sacerdote e come insegnante, avverto il rimpianto di non “aver amato” di più, di non essere stato più generoso nei miei doveri verso Dio e verso il prossimo.
Tuttavia il rimpianto del bene non compiuto mi richiama spesso il pensiero della misericordia di Dio, alla quale affido tutto me stesso, nella debolezza del mio cuore e della mia mente. A Dio Padre alzo in questo momento le mani vuote, come un mendicante che non teme un rifiuto. Non ha chiamato alle sue nozze “i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”? Tra costoro ci sono di certo.
Se morissi ora, non lascio che poche persone che possano rattristarsi per me. A loro esprimo un fervidissimo grazie per il bene che mi hanno voluto. A loro dico d'avere coraggio di camminare ancora nella serenità della cristiana rassegnazione, di guardare avanti, verso l'Alto, verso il Cristo Risorto, nel cui paradiso le nostre famiglie si vanno ricomponendo.
Alle buone popolazioni di Vigo e Dasindo l'espressione del mio affetto riconoscente, un augurio di bene e l'invito a non dimenticare gli esempi d'onestà e di fede dei loro vecchi. In Cielo incontrerò tanti loro familiari e parlerò loro di voi e delle opere buone che compite. Che il suono delle campane, di Vigo e Dasindo, entri quotidianamente in ogni casa e in ogni cuore!
Un saluto affettuoso vada anche alle Compagnie dei Bersaglieri Tirolesi (Tiroler Schützen), per la loro pubblica coraggiosa testimonianza di fede in Dio, di devozione alla famiglia e d'amore alla patria locale.
Chi volesse ricordarmi fin da ora abbia con una preghiera il mio fervido grazie! Ho già dette delle Sante Messe con quest'intenzione!
Ad alcune persone giunga anche la supplica di volermi concedere il perdono se sono stato per loro di cattivo esempio. Ad altre, ho perdonato di cuore.
Gesù, Giuseppe e Maria, spiri con voi l'anima mia! E tu, Padre Santo e misericordioso, che perdoni ed ami, accogli la mia vita, la mia povera vita di sacerdote: poteva essere migliore, ti porta ben poco, ha solo una gran fiducia nella tua paterna misericordia! Nelle tue mani, o Padre, affido la mia vita!”.

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