giovedì 31 gennaio 2013

Alla famiglia e alla scuola



Annuario del collegio arcivescovile di Trento, 1964/1965, n. 31°, pp. 8-9

E' un lamento comune che gli studenti di oggi siano superficiali, senza interessi e se ne attribuisce la causa alle eccessive distrazioni, alla crisi dell'autorità familiare, all'avvicendarsi fin dal primo anno della scuola media di troppi docenti nelle materie di insegnamento in sostituzione della vecchia e provvidenziale figura del capoclasse che per 16 ore settimanali accentrava il lavoro e l'attenzione degli alunni. Si, in realtà sono molteplici le cause che rendono l'alunno dei nostri giorni diverso da quello di dieci anni fa. Anzi si ha la netta impressione che in periodi ancora minori, addirittura di due o tre anni, si avvicendano fisionomie nuove, riscontrabili prima unicamente in una "generazione". Le cause? L'alunno del 1965 gode innanzitutto di una grande libertà nella vita familiare, ha responsabilità maggiori, perché ha denaro e tempo libero, vive mescolato agli adulti, dei quali legge i libri, i giornali, ne ascolta i discorsi, ne osserva le azioni ed i propositi. E ciò che nel mondo adulto non trova scritto, lo scopre precocemente alla radio, alla televisione, o nella sala cinematografica, dove i "valori" di questo mondo sono purtroppo spesso assai discutibili. Conosciamo alunni, ottimi sotto l'aspetto disciplinare, rispettosi della famiglia e dei superiori, che al sabato se ne vanno in città a fare due passi, comperano il "Monello", entrano in un bar, ordinano una coca-cola e per un'ora se ne restano li seduti, in silenzio, a leggere il "loro giornale". Che pensare di costoro? Se non hanno, perché non possono averla, la maturità dell'adulto, ne acquisiscono tuttavia le abitudini, ne copiano le azioni, ed hanno occhi per vedere e per sentire. 
Vi sono dunque atteggiamenti ed aspetti nuovi in questo sconcertante ragazzo del 1965, vi sono probabilmente anche dei valori che genitori ed educatori devono scoprire, perché sia possibile un adattamento efficace dell'azione educativa della famiglia e della scuola. Occorre anzitutto riconoscere che i ragazzi mutano ogni due anni, ogni anno si può dire, in una società in continua e rapida trasformazione. Le abitudini e le tradizioni che un tempo erano validissime, ora sono discutibili, spesso inefficaci e qualche volta controproducenti. Noi adulti abbiamo per esempio tranquillamente studiato alla domenica per un più intelligente ripensamento del lavoro scolastico, per completarlo e qualche volta, almeno sommariamente, anche per anticiparlo. Ora i nostri ragazzi si "rassegnano" tristemente a questa necessità, convinti come sono che la domenica è fatta per lo svago, per il viaggio in macchina e per l'escursione. La famiglia stessa, senza avvertirlo pienamente, ha insegnato loro questo, particolarmente nel periodo delle vacanze. Se si aggiunge che la loro volontà è indebolita per le comodità e facilitazioni di cui è circondata, che il carattere non si plasma e non può acquistare il taglio netto e preciso per le continue e varianti distrazioni, che si è creata una quotidiana, quasi "naturale" ripugnanza per tutto ciò che richiede sforzo, e se a ciò si aggiunge il senso persistente di timore di insuccessi nel prepotente giovanile bisogno di affermazione, ci si spiega oggi come gli interessi e le simpatie dei nostri alunni si rivolgono in gran parte al di fuori dell'ambiente scolastico. 
Maturandi della classe V Ragioneria nell'anno 1977/78 (Tratta da annuario del collegio arcivescovile 1977/78)

La vita vera è la, fuori della scuola e, non raramente, fuori della famiglia.
Per questo il vocabolario che vorrebbe descrivere il poliedrico volto della nostra gioventù si è arricchito di un nuovo termine, forse il più centrato per una generazione che non si lascia catalogare, ed anche il più rispettoso tra quelli finora usati di "generazione agitata". 
Naturalmente un'educazione che volesse prescindere dalla famiglia e dalla scuola è impensabile. Senza una buona famiglia e una buona scuola un adolescente non riuscirà a capire e signoreggiare la vita sarà facilmente la "pazza fogliolina" del poeta, che inebriata di libertà, accetta l'invito del vento di staccarsi dall'albero, per volare si ma un po', e cadere in fine sulla strada calpestata dai passanti e ridotta fango. Un minorenne avrà sempre bisogno della famiglia e della scuola! Ma queste due istituzioni che nel passato svolgevano il loro provvidenziale lavoro poggiandosi sull'incondizionato principio dell'autorità, devono oggi giorno arricchirsi di altre prerogative, e armarsi di mezzi che abbiano maggiore incidenza nell'animo dei giovani, come l'onestà dell'esempio e un'intelligente carica di affetto. Il principio d'autorità non viene oggi accettato a priori, senza discussioni. E ciò ha il suo aspetto positivo nell'affermazione di una certa indipendenza, in contrasto con il rispetto umano e con la supina accettazione della volontà altrui, tiranni questi da cui perfino persone mature non hanno mai saputo liberarsi. Si capisce che l'educazione pone un limite che non si deve per nessuna ragione oltrepassare! Necessita comunque alla famiglia un esame più approfondito su ciò che essa è e conta per il giovane d'oggi, per non limitare la sua missione a brontolare eternamente ma a costruire sugli elementi positivi che il figlio le offre, quali, oltre ad una maggiore sincerità raduna  spiccata franchezza di opinione, il senso di responsabilità e la convinzione di dover contare molto e soprattutto su se stesso. 
E per estendere queste considerazioni alla scuola, è necessario oggi più che mai che l'insegnante conosca bene ciò che insegna e particolarmente perché e a chi insegna. Il maestro dà ciò che ha, o meglio, dà ciò che è. Gli alunni accettano con fatica, spesso rifiutano di imparare ciò che non è comunicato loro con convinzione e simpatia. Perché sono così pochi oggi gli alunni che scelgono la professione dell'insegnare? Molti la scartano addirittura a priori. La ragione va cercata indubbiamente anche nel fatto che la nostra società del mercato e del compromesso va accentuando sempre più la svalutazione di questa attività, sentita e apprezzata nel passato per i suoi alti valori morali, ma va anche individuata nei metodi di insegnamento, qualche volta impugnati con severità inesorabile, a nascondere magari timidezza e incapacità, oppure lasciati in balia ad un disordinato susseguirsi di lezioni improvvisate, prive di gusto e incapaci di trasfondere amore al lavoro e alla ricerca e coraggio di affrontare e risolvere le difficoltà e soprattutto ben lontane dall'invitare i giovani a cercare il senso delle cose e a non eludere le supreme ragioni di vivere. 
Aumenterà il numero degli infelici se la famiglia non acquisterà più coscienza delle sue responsabilità e per esse non pretenderà anche dalla legge più rispetto e riconoscimento, e se la scuola non si piegherà con intelligente affetto su questi simpatici "mostriciattoli" che ne varcano ogni giorno la soglia. 
IL DIRETTORE 



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