Questa è una storia ormai notissima anche nei particolari. Ne abbiamo riportato qualche episodio a conferma della nostra tesi che i Francesi con la loro Rivoluzione non incontrarono nelle nostre valli che una generale opposizione: furono considerati degli invasori da respingere. Oggi nessun storico accreditato rifiuta di riconoscere alle comunità tirolesi la dignità di questa rivolta.
Il triste ricordo di questa invasione rimase a lungo nella memoria delle popolazioni, perché le ferite subite erano molte e profonde e richiesero anni per guarire. Tornò il timore di nuovi sconvolgimenti da parte della Francia quarant'anni dopo, nel 1852, con il colpo di stato di Napoleone III. In quei giorni nelle Giudicarie, il vecchio capitano Bernardino Dal Ponte, decorato di medaglia d'oro per le sue coraggiose azioni di guerriglia contro le truppe di Napoleone I, incontrando un amico ammiratore e commentando gli avvenimenti francesi e le penose conseguenze che si temevano da tutta l'Europa, ebbe a dirgli: «Codesti francesi son sempre lì, a volere la guerra, la guerra. Le dico, Signore, che se avessi vent'anni di meno, mi sentirei il fegato anche adesso di misurarmi un'altra volta con quelli stomacosi franciosi che non lasciano in pace il mondo».
Possiamo concludere dichiarando, senza timore di smentita, che l'animo del comandante Dal Ponte verso «gli stomacosi franciosi» era quello comune delle pacifiche popolazioni trentine.
Dopo di allora, il Trentino, l'Europa, il Mondo hanno conosciuto altre guerre, altre rivoluzioni, con il pretesto di dare libertà, dignità, grandezza alle nazioni. Solo nel nostro secolo sono quasi cento milioni le vittime della violenza. Fortunatamente, da quarant'anni, le moderne democrazie hanno scelto la pace come bene supremo, la volontà di pace contro ogni forma di odio e di terrorismo; hanno espresso una decisa volontà di giustizia, di solidarietà, di promozione per tutti; hanno scoperto il valore dell'uomo, dell'uomo concreto, dell'uomo singolo, e sanno richiamare accanto ai diritti, l'obbligo dei doveri verso la comunità umana e il creato.
Forse ora, finalmente, sulla soglia del Terzo Millenio, potrebbe davvero spuntare l'alba di un giorno luminoso, se ognuno di noi sarà capace, come ha scritto il filosofo ebreo Martin Buber, sopravissuto ai campi di sterminio nazisti, «non solo di distinguere bene, fin dal primo mattino, la pecora dalla capra e il dattero dal fico, ma di scorgere in ogni essere umano un fratello e una sorella». Sarebbe il trionfo dell'unica rivoluzione benefica, quella dell'amore.
I generosi
Figli de' monti pugneran, nè vote
Fieno d'effetto lor minacce; io veggo
Solo e concorde ne' gagliardi petti
Divampare un desìo, che il patrio nido
Sotto l'ali dell'Aquila tutrice
Securo esulti, e dall'ardir profano
Di frenetiche menti inviolata
La santa sia Religion de' padri.
Luigi Bernardo de' Pompeati (1798 - 1829)
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