giovedì 4 aprile 2013

Mio zio era un grande ottimista


Intervista a Enrico Dalponte
Nipote di monsignor Lorenzo Dalponte

Mio zio era un grande ottimista”

Chi era per lei monsignor Dalponte?
Per me era quel zio un po' lontano che tornava ogni tanto in valle specialmente durante l'estate. La sua base era a Trento, era quello il suo mondo e lì aveva i suoi contatti. Nonostante questo aveva un bellissimo rapporto con i nipoti che amava moltissimo e chiamava con il nomignolo di “principino/a”. Appena tornava da Trento veniva a prendermi all'asilo e mi portava a casa. Quando tornava a Vigo Lomaso, io in quel periodo frequentavo le scuole elementari, sapevo già che avrebbe controllato i compiti e noi nipoti appena vedevamo che stava parcheggiando la macchina nascondevano i libri perché non volevamo fare i compiti.
Noi come famiglia abbiamo scoperto l'importanza delle sue ricerche e delle sue opere dai libri. Ricordo che quando presentò il suo primo libro nessuno della nostra famiglia andò alla presentazione. Lui non faceva pesare l'importanza delle cose che faceva e con grande umiltà non pubblicizzava e non si vantava mai in famiglia di quello che faceva.
Inoltre era sempre meravigliato di tutte le cose; negli ultimi tempi veniva a cena qui da noi nel fine settimana. Pregavamo insieme prima di cena; mangiava di tutto e metteva tutto assieme nel piatto dalle patate alla pasta. Scriveva molte lettere e biglietti ai nipoti in occasione del compleanno o per le festività religiose.

Cosa ricorda degli anni trascorsi al collegio Arcivescovile durante la presidenza di monsignor Dalponte?

Era una persona che sapeva rapportarsi con i giovani. Dei cinque anni che ho trascorso presso il collegio arcivescovile mi è rimasto veramente un bel ricordo. All'inizio della mia permanenza all'arcivescovile cercavo di mantenere le distanze perché vedevo nel maestro/preside colui che riprendeva e faceva studiare gli alunni, come ero abituato da quelli che avevo avuto precedentemente. Invece solo dopo qualche mese mi resi conto che lo chiamavano “zio” come soprannome ma inizialmente pensavo che lo chiamassero così perché io ero presente. Invece mi accorsi dopo che era il suo soprannome e credo che già questo sia indicativo del rapporto positivo che sapeva instaurare con i ragazzi.
Talvolta in classe succedeva che qualcuno esagerava e veniva mandato dal preside. Nonostante la sua autorevolezza alla fine del colloquio con mons. Dalponte si finiva sempre con una tasca piena di caramelle. Ricordo che questo accadeva anche quando ero in quinta liceo.
Fu sempre un grande ottimista; non sentii mai nessuno dei miei compagni offenderlo o prenderlo in giro. Sapeva toccare i tasti giusti delle persone e aveva un bellissimo rapporto con gli studenti.
Mi raccontò in confidenza che quando faceva consiglio di classe con gli altri professori per decidere i voti degli studenti era sempre una battaglia perchè lui avrebbe sempre voluto aiutare gli studenti in difficoltà e alzare i voti più bassi. Aiutò anche varie famiglie perché molti non si potevano permettere di andare a studiare a Trento. Riceveva moltissime lettere dai suoi ex studenti che gli raccontavano come procedevano gli studi e lui rispondeva dando consigli ed esortandoli a proseguire nel cammino intrapreso.
Mi ha colpito tantissimo la grande quantità di gente e di ex studenti che è passato a salutarlo per due giorni nella camera mortuaria; a significare ancora una volta il bel ricordo che ancora avevano di questa figura.

Che rapporto aveva don Dalponte in gioventù con il fratello Federico?

Ricordo che durante gli anni di studio Lorenzo tornava a casa ogni 3-4 mesi e aveva un fratello più piccolo a cui era molto legato. Quando doveva ripartire non riusciva mai a salutare il fratello poiché Federico si nascondeva perché si intristiva nel veder partire il fratello. Federico morì poi a soli 12 anni per una malattia e fu un duro colpo per don Lorenzo.

Che rapporto aveva mons. Dalponte con i genitori?

Era molto legato alla mamma poiché il papà era un uomo molto forte di carattere e non instaurava molto dialogo con i figli nonostante gli volesse molto bene. Il padre faceva il contadino ed era emigrato in America prima della II guerra mondiale. Ritornò in patria per trovare la sua famiglia proprio all'inizio della guerra, fu reclutato nell'esercito e non poté più tornare in America.
Ricordo anche che la mamma era anemica e nell'ultimo periodo anche il cuore era debole. Don Renzo tornò talvolta dalla Svizzera durante la gioventù per donarle il sangue.

Che rapporto aveva mons. Dalponte secondo lei con gli Schützen?

Alla luce dei suoi studi storici lui voleva porre fine alla falsa conoscenza secondo cui gli Schützen erano visti con diffidenza da molti trentini. Considerava gli Schützen come i partigiani del nostro territorio e diceva che non bisognava confonderli con le S.S. tedesche. Inoltre era molto legato ai valori di onestà e di amore per la terra trentina che erano alla base dell'ideologia degli Schützen.

Nessun commento:

Posta un commento