venerdì 1 febbraio 2013

Stelle di Natale sopra il confine


Strenna Trentina 1985, anno 64, pp. 74-77

 Novella di Natale
In quel primo inverno del dopoguerra la casetta di Eduard Steiner, ex custode forestale, appariva sola e isolata sulla bassa collina davanti alla grande ansa del fiume. Prima della guerra gli alberi erano dappertutto, scendevano fitti dalle colline fino alla riva. Ma dopo che il fiume era diventato il nuovo confine, Eduard Steiner aveva visto la foresta scomparire di qua e di là lasciando il posto ad una fascia vuota per centinaia di metri, che pareva accompagnare all'infinito il corso del fiume nel suo lento e tortuoso cammino. Ed il confine, lo sapeva bene Steiner, era una linea invisibile che passava sulle acque ora quiete ora tumultuose dei periodi estivi o nel mezzo del lucido biancore quando nelle settimane invernali il fiume diventava un campo di ghiaccio, immobile e coperto di neve. 
Eduard Steiner non aveva voluto abbandonare quella casetta dove abitava con i suoi quattro bambini, anche se le guardie della sua sponda lo avevano ripetutamente esortato a lasciare quella zona fattasi ormai pericolosa. Ma lì, nell'ansa del fiume, poteva scavare torba a volontà e ricavarne qualche guadagno portandola nei villaggi vicini. La sua famiglia viveva lì già prima della guerra; e dove avrebbe potuto trovare una casa con la penuria che c'era? Era già fortunato ad avere quella, con i villaggi semidistrutti dalla guerra! Al ritorno dalla breve prigionia aveva trovato i suoi bambini senza mamma, ospiti di buone famiglie del villaggio, e lui li aveva riuniti con doppio affetto in quella casetta vicino al fiume. 
Al di qua e al di là del fiume, sulle basse colline prospicienti le grandi anse, erano sorte torri di legno, tipo casematte, abitate dalla polizia confinaria, che talvolta si faceva vedere fin sulla riva. 
Eduard Steiner sapeva che quelli della sponda sinistra erano particolarmente severi. Perché una volta d'inverno s'era inoltrato sul fiume con la slitta, quelli erano venuti e lo avevano ammonito ed anche minacciato. Gli era stato ingiunto di non uscir mai di notte, specie quando dalle piccole torri si accendevano le luci, e potenti proiettori frugavano il corso del fiume e le sue sponde. Ogni movimento diventava allora sospetto e pericoloso e non era raro sentire di notte il crepitio d'una mitragliatrice.
Ma per Steiner, non c'era motivo d'uscire di notte. Accompagnava ogni mattina, fin alla strada provinciale, i tre più grandi che andavano a scuola nel villaggio vicino, poi rientrava per accudire alle faccende di casa e andava più tardi nell'ansa del fiume, a scavare torba. Natascia, la più piccola, lo seguiva quasi sempre nei giorni buoni, e se ne stava tranquilla a raccogliere fiori ed intrecciare fili d'erba. 
Era la prima vigilia di Natale del dopo guerra. Era già sera, sull'imbrunire. Eduard tornava verso casa, trascinandosi dietro con fatica la slitta sulla neve fresca caduta la notte prima. Faceva freddo e di quando in quando una raffica di vento gelido lo investiva facendolo rabbrividire. 
Tornava dal villaggio, dove aveva portato di buon mattino un pesante carico di torba e dove aveva fatto degli acquisti per le feste natalizie. In un grosso pacco aveva anche i regalucci per i suoi bambini.
Attraversando la foresta, aveva tagliato e caricato sulla slitta un piccolo abete, tutto verde, per farne un albero di Natale. Non vedeva l'ora di arrivare a casa! Le prime stelle brillavano già nel cielo terso, spazzato da quel gelido vento. Finalmente, la sua casetta! 
La porta si aprì e tutti e quattro i bambini che lo avevano visto venire gli vennero incontro, anche se lui faceva loro cenno di fermarsi, di attendere. Erano infreddoliti poveri bimbi, mentre lo salutavano con gioia, e avevano i volti paonazzi. Quando Eduard entrò in casa, guardò sorpreso la stufa spenta. "Come mai la stufa è fredda, Marfa? C'è qui legna e torba e non l'hai tenuta accesa?", disse rivolgendosi con volto di rimprovero alla più grande. 
Maria raccontò che, quando si erano alzati, la stufa era ancora calda e ch'erano passati due soldati e avevano battuto alla porta chiedendo dei fiammiferi. S'erano fermati un po', accendendosi le sigarette, e poi erano andati via. Solo quando, ricaricata di legna la stufa, volle accendere il fuoco, si accorse che la scatola dei fiammiferi era scomparsa. Forse, per disattenzione, il soldato se l'era messa in tasca. Maria aveva cercato di ravvivare qualche brace, ma c'era solo cenere calda. Il vento, della notte, imprimendo un forte tiraggio al camino, avevano consumato tutto. Erano restati lì, alla finestra, a guardare a turno, per scoprire il passaggio di altri soldati e chiedere aiuto, ma non era passato più nessuno in tutto il giorno. E non avevano osato andare fino alla torre della polizia, perché lui, il papà, aveva tassativamente proibito loro di allontanarsi da casa. Aveva detto loro che erano comparsi nella zona dei lupi, spinti dal freddo, e che bisognava essere molto prudenti. Avevano sì visto due soldati sugli sci, oltre il fiume, ma non avevano osato andare là; e poi speravano che il papà avrebbe portato altri fiammiferi. 
"Si, si, ho capito", mormorò l'uomo guardandosi attorno preoccupatissimo. Al villaggio s'era dimenticato di acquistare fiammiferi. Li cercò in tutti i vestiti, in ogni angolo, frugò di nuovo sotto la cenere, ma inutilmente. Guardò dappertutto, sui mattoni del camino, nei cassettoni, sotto i letti. 
Fuori si sentiva il muggito del vento. Farà tanto freddo questa notte, pensò. Allora si tirò vicino le sue creature, sentì che tremavano e i loro cuoricini battevano forte. "Adesso vado a prendere i fiammiferi laggiù al fortino. Non possiamo restare qui senza fuoco. Il freddo aumenterà, e poi è la notte di Natale, dobbiamo pur accendere l'albero" disse quasi interrogando amabilmente i suoi bambini. "Si, si papà", risposero. 
L'uomo li sistemò su un letto, uno accanto all'altro, li coperse bene. Poi si mise i guanti di panno logoro e scucito, prese dalla parete la lanterna spenta e s'avviò alla porta. "Non muovetevi, state lì insieme! Farò presto a tornare. Addio miei piccoli!" — "Addio, papà!" — e fu l'ultimo saluto. 
Eduard procedeva a fatica sulla neve. "Se avessi gli sci, come i soldati, pensava, andrei più in fretta e con meno fatica. Forse ne incontrerò qualcuno". Si fermò guardandosi attorno e sentì ch'era anche terribilmente stanco. Per lui era stata una giornata lunga e massacrante quella vigilia di Natale. 
"Se taglio diritto attraverso l'ansa faccio più presto ad arrivare all'altra collina" disse tra sé. Camminava scrutando con attenzione davanti a sé, ma avvertiva anche la stanchezza di guardare in quella profonda oscurità. 
Di quando in quando doveva fermarsi e respirare forte. Guardava il cielo, un cielo tempestato di stelle, "Cielo di Natale", mormorò! "Solo lassù, questa notte, passano gli angeli!". 
Stanchezza e fame rendevano più lenti e vacillanti i suoi passi. Aveva camminato sul fiume ghiacciato ed ora intravvedeva la sponda alzarsi su per l'altura. 
"È meglio che mi riposi un po'" disse ad un dato punto guardandosi attorno, e s'accovacciò un momento sulle ginocchia. "Troverò il fuoco, si, e poi metterò tanta legna e torba nella stufa. Almeno il caldo devono averlo i miei bambini. Ora Marfa racconta loro una storia. È così brava la mia Marfa, come una mamma. Le ho comperato un bel paio di calze di lana, a Werner gli stivali — li desiderava tanto il mio ometto, ad Annalise una lunga sciarpa e per Natascia una bambola". 
Il sonno lo vinse e scivolò sulla neve. 
Un riflettore s'accese improvviso e la luce scivolò lenta sulla foresta e sui pendii, ora muovendosi rapida, ora quasi fissa su un punto oscuro; si fermò sul dormiente, come una lunga mano accecante che lo ghermiva. Al dormiente parve che tutta la foresta, di là dal fiume, si fosse incendiata e che il fuoco fosse lì per assalire lui. Si scosse quando il bastone da sci di una guardia lo toccò al fianco. Si alzò spaventatissimo, come ubriaco, e quando vide i due soldati tentò di scappare, senza sapere nemmeno dove. "Alt!" — gridò — un soldato. ma Eduard non ascoltò. "Alt!" — urlò di nuovo il soldato, sollevando il fucile mitragliatore. L'uomo continuava a correre sulla neve e il soldato lo inseguì con una raffica abbattendolo. 
Quando lo raggiunsero ne girarono il corpo, illuminandolo con una lampada tascabile, la neve era rossa di sangue, l'uomo aveva gli occhi sbarrati e teneva in mano una lanterna spenta. 
La raffica rintronò di qua e di là dal fiume come il secco e rabbioso abbaiare di un cane. Poco dopo, dalle torri delle casematte, potenti riflettori cominciarono con veloci sciabolate di luce a frugare i declivi e il biancore del fiume. Dalla torretta del fortino, in cima alla collina, al di qua del fiume, venne individuato quell'uomo, lì, bocconi sulla neve e si videro bene i due soldati scomparire veloci nella foresta. Immediatamente dal fortino una mitragliatrice rovesciò un micidiale rosario di pallottole contro gli alberi dell'altra sponda. Fu come una parola d'ordine: altre mitragliatrici risposero abbaiando e riempiendo la notte di cupi echi di morte. 
Anche i bambini di Eduard Steiner avevano sentito. Marfa fu la prima a scendere dal letto, seguita da Werner e dalle due più piccole. Dalla finestra guardavano fuori nell'oscurità, rotta dal lampeggiare dei fari e dal crepitio delle mitragliatrici. Poi improvvisamente tornò il silenzio: solo i fari manovravano ancora e illuminavano sinistramente la notte. I bambini stavano alla finestra nell'ansia di vedere tornare il papà. Attesero a lungo, ma il papà non si vedeva. Allora fissarono dei brevi turni di sorveglianza, perché era tanto freddo e bisognava rifugiarsi sotto le coperte. Ora, era di guardia Natascia. Improvvisamente uscì un grido: "Il papà, vedo papà!" — "Dove, dove?" proruppero i tre saltandole vicino. "Laggiù, in quella luce. Ci fa segno di andare, ci chiama con la mano". 
Una luce nuova, strana, s'era accesa laggiù, oltre gli abeti, sulla collina, come un piccolo globo di fuoco. Si, sembrava una persona, luminosa e alta. "Andiamo" dissero tutti ad una voce. Marfa prese Natascia per mano e Werner, Annalise e uscirono nella notte, sulla neve. 
La luce continuava a brillare sulla lontana collina, sopra la foresta, mentre ancora sul fiume e sui pendii s'incrociavano le luci dei riflettori. 
I quattro bambini camminarono dapprima veloci ma a fatica sulla neve; poi più volte l'uno e l'altro cominciò ad inciampare e a cadere. Natascia piangeva e ripeteva che il papà era laggiù, sotto quella luce lontana, e chiamava sempre. 
Sussultarono, quando un'altra luce vivissima si accese e venne giù velocissima, guizzando accanto a loro e fermandosi li avvolse tutti in un bagliore di fuoco. Al faro era di servizio un veterano che guardò sorpreso nella scia della sua luce quegli esserini laggiù, li scrutò con maggior attenzione, e vedendoli ora fermi, con le mani sugli occhi abbagliati, spostò la luce di fianco. Sussultò quando vide alcuni punti neri che, toccati dalla luce, sgusciavano via cercando l'oscurità.
"Lupi", mormorò e diede l'allarme. Tenne sotto il tiro della scia luminosa i quattro bambini che avanzavano a fatica verso di lui, con la testa bassa. Non potevano certo sapere che quella luce fastidiosa li difendeva e li salvava dalle bocche fameliche dei lupi, stanati nella foresta dalle mitragliatrici urlanti. 
Camminavano a stento, l'uno vicino all'altro, senza più dire una parola. Si fermarono di colpo quando videro otto bianche figure veloci scivolare sulla neve accanto a loro e oltrepassarli. Poi sentirono il crepitio delle armi e l'ululato dei lupi feriti a morte che risonava straziante tra gli alberi. 
Quando i bambini, sulla spalla dei soldati, raggiunsero l'avamposto vicino alla torre illuminata, videro con meraviglia il grande albero, tutto acceso, un grande albero di Natale. 
***
La notte è ancora fonda ed è un freddo terribile fuori. I bambini, avvolti in grosse coperte di lana, dormono l'uno accanto all'altro su due brande militari, vicino alla grande stufa accesa. 
I soldati parlano sottovoce e fumano nervosamente una sigaretta dopo l'altra. Il telefono trilla. Il sottufficiale ne stacca il ricevitore e ascolta: "Si. Capitano, i soldati sono tutti rientrati, con quattro ospiti; i figli del guardiaboschi. Li abbiamo trovati soli, mentre venivano verso il nostro avamposto. Abbiamo capito poco, perché erano sfiniti e spaventati. Pare siano usciti alla ricerca del padre... Ma fuori è un freddo cane, il termometro segna 23 sotto zero...! Sarebbero morti tutti assiderati...! Si, si li interrogherò quando si sveglieranno e poi li porteremo al villaggio...! Grazie degli auguri, Capitano, e Buon Natale anche a voi!". 
Lorenzo Dalponte 

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