giovedì 28 marzo 2013

Costantino Marini


Professore, tenente degli alpini 

Nato a Darzo nelle Giudicarie il 13 novembre 1911 da umile e disagiata famiglia contadina, negli anni della scuola mostrò una spiccata intelligenza unita a grande mitezza e bontà d'animo. I genitori, sopportando disagi, privazioni e critiche, lo avviarono per gli studi al Seminario Minore di Trento. Fu sempre tra i primi nei cinque anni del Ginnasio, poi, durante il Liceo, passò presso il Collegio Vescovile e fece l'assistente dei piccoli per diminuire le spese di soggiorno. Superò brillantemente la maturità e ottenne una borsa di studio per il Collegio «C.Borromeo» di Pavia, presso la cui Università si laureò in lettere a pieni voti e lode il 18 settembre 1936. 
Iniziò la sua carriera di insegnante dapprima presso il Ginnasio Vescovile, poi a Brunico, presso il Ginnasio A. «Cantore» e, da ultimo, per concorso brillantemente superato, presso il Liceo «G. Prati» di Trento dove, però, non poté occupare il posto nemmeno per un giorno, perché richiamato alle armi e inviato sul fronte greco-albanese con il battaglione alpino «Bolzano» della divisione «Pusteria». Dopo l'occupazione della Grecia, nella primavera del 1941, seguì il suo reggimento nel Montenegro come truppa di occupazione a Nova Varos.

Il 2 dicembre 1941 stava tornando con due autocarri e sei alpini alla base, quando fu circondato e sopraffatto da un gruppo di partigiani slavi che li tennero prigionieri quindici giorni. Durante una perquisizione, nel portafoglio gli trovarono la tessera del Partito Fascista che, spiegò essere «la tessera del pane», necessaria per poter insegnare in una scuola dello Stato italiano. Gli imposero di sputacchiare e stracciare quel documento davanti ai suoi alpini: «Questo, come ufficiale italiano, non posso farlo», rispose. E lo fucilarono sul posto. Era il 18 dicembre 1941. Il comando supremo dell'esercito gli assegnò la Medaglia d'Argento. Il Partito Fascista ne fece un eroe, tanto che, per diretto ordine di Mussolini, la Federazione dei Fasci a Trento fu intitolata al suo nome, e alla madre fu solennemente conferito il distintivo d'onore dell'Associazione Famiglie Caduti per la rivoluzione. 
Fu un fascista convinto? difficile giudicare. Forse sì, perché diversamente avrebbe distrutto quella tessera come fecero molti altri in simili circostanze. Senz'altro fu un grande idealista, però mai un fanatico. Prima della fucilazione abbracciò e baciò un suo alpino e gli disse: «Se potrai salvarti, salutami tutti i camerati del battaglione e scrivi alla mia famiglia la morte che ho fatto». Affrontò la morte a fronte alta. La sua salma fu recuperata dal battaglione e trasferita nel cimitero militare di Pribo. 



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