Nacque a Strigno, consacrato sacerdote nel 1890 fu in un primo tempo a Merano e poi destinato al Collegio Vescovile come prefetto di disciplina e insegnante di religione.
Quando l'Ordinariato gli fece pervenire il decreto di trasferimento con i profughi, accettò ponendo una condizione di essere in compagnia di un confratello che conoscesse la lingua tedesca. Partì con il collega don Primo Zanguio, accompagnando profughi di Borgo Valsugana e di Trento, con destinazione Amstetten, nell'Austria Inferiore, Diocesi di St. Pölten.
In una lunga lettera al Vicario Generale, in data 19.7.1915, confessa che, «sarebbe per me un affare molto imbrogliato se non avessi con me don Zanguio giacché dopo un mese che sono qui non intendo ancora niente. E le occasioni in cui occorre intendere e parlare tedesco si presentano ad ogni momento, se si vuole fare qualche cosa per questa povera gente».
Ad Amstetten erano stati accolti 84 profughi di Borgo, collocati parte in case private ed i più alla meglio in un edificio. Altri 130 alloggiavano a mezz'ora di di distanza, originari da Telve, Villazzano, Mattarello e Sardagna. In due villaggi, a due ore di distanza a piedi, c'era un gruppo di 37 persone, parte di Rovereto, parte di Castagné, Gardolo, Trento. «Li abbiamo visitati due volte. Da per tutto qui i nostri profughi sono ben visti, la gente è buonissima, fa di tutto per aiutarli e per rendere loro meno triste la lontananza dalla patria. Anche le autorità si interessano molto e si mostrano molto gentili. Purtroppo però tra i nostri vi sono due famiglie che non si comportano bene, non possiamo vivere in pace con gli altri, hanno il vizio dell'acquavite e fanno disonore a tutto il gruppo. C'è qui il conte Pompeati colla famiglia. Anche essi fanno di tutto per venire in soccorso della nostra gente».
Nell'agosto del 1915, per ordine del Ministero degli Interni, si iniziò a far affluire i profughi dell'Austria Inferiore nell'accampamento di Mitterndorf. Millecinquecento nel primo mese, e poi, man mano che il campo si allarga con l'aggiunta di nuove baracche, sempre più, per giungere a 10.000 in dicembre. I profughi vi arrivano sprovvisti di tutto, trovano stanzoni privi d'arredamento e di riscaldamento, forniti solo di 200 e più pagliericci. Per mesi e mesi la fame e il freddo saranno i tristi inseparabili compagni del loro soggiorno.
Vi giunge anche don Cesare Tiso con i suoi profughi. A lui la direzione dell'accampamento affida l'organizzazione della scuola per i minorenni. Con la qualifica di Ispettore Scolastico, diventa il sovrintendente responsabile del funzionamento dell'asilo, dell'orfanotrofio femminile e maschile e della scuola elementare, frequentata da 1750 bambini, suddivisi in 36 classi.
Con il gennaio 1916 il complesso scolastico è pronto, con aule ben fatte e ben arredate. Anche gli insegnanti vengono reperiti tra la popolazione dell'accampamento. Sono quasi tutte donne, con esperienze scolastiche svariate, felici di poter riprendere questa attività. Hanno una media di 24-26 ore settimanali: due ore di religione, sei di lingua italiana, quattro di lingua tedesca, sei di aritmetica, due di storia naturale, due di fisica, un'ora e mezzo di storia, un'ora e mezzo di geografia, un'ora di canto. L'orario è adattato alle esigenze dell'accampamento, dalle 11 alle 13 al mattino, e dalle 15 alle 18 al pomeriggio, perché gli alunni possono poi accedere con la gamella in mano alla distribuzione del pranzo e della cena.
La maestra Filomena Boccher, nel suo noto diario1, parla più volte dell'Ispettore Scolastico don Tiso. Non ha per lui le parole di ammirazione che attribuisce al cappellano di Vermiglio, don Saverio Mochen, «il sacerdote che più si è accaparrato la stima dei profughi». In don Tiso vede il superiore, il funzionario e non gli risparmia delle critiche. Dove è da trovarsi la verità, nelle parole della brava maestra che però riconosce di essere impulsiva e di mancare di calma e di serenità, o nelle prestazioni multiformi e non facili, e pur sempre responsabili del sovrintendente scolastico in un accampamento come quello di Mitterndorf?
Il prof. don Tiso rimase fino alla chiusura del campo nel dicembre 1918. Quando le suore poterono disporre di una cappellina, dal 17.12.1917 fino al Natale 1918, don Tiso dirà ogni giorno per loro la Santa Messa. (Continua)
Don Cesare Tiso con una classe del campo profughi di Mitterndorf
1.Filomena Boccher, Diario di una maestra in esilio nel lager di Mitterndorf, Edizioni Cassa Rurale di Roncegno, 1983
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