Annuario del collegio arcivescovile di Trento, 1960-1961, n. 27, pp. 3-5
Qualche educatore sentenzierà subito: Non ve ne sono. Il tempo degli ideali è passato. Una volta c'erano e tracciavano un sentiero su cui marciarono molti grandi uomini; ma ora non esistono più. Nella vasta letteratura che si occupa del mondo giovanile sono frequenti queste affermazioni.
E in realtà l'immagine piatta dell'odierna generazione sembra dar ragione, poiché raramente si scopre quel tipico romanticismo giovanile, fatto di slanci e di azioni clamorose, che ha caratterizzato le ultime generazioni.
Stanchezza, rilassatezza fisica e morale che rasenta la cascaggine, sono fenomeni evidenti e frequenti fra i giovani d'oggi.
"Noi non siamo — scrive uno di loro — nè l'aurea nè la ferrea gioventù che vuol scalare il cielo o protendersi verso il domani con l'ansiosa volontà di conquista, così come voi più anziani avreste caro. Noi siamo una gioventù grigia, senza fremiti, senza pretese. A noi dice poco o nulla la spada e la bandiera. Noi non vogliamo formare il futuro; questo lo lasciamo a voi, però noi siamo sempre la gioventù d'oggi».
È la voce di un giovane, si capisce, ma con lui ve ne sono altri che trovano unicamente nelle ventiquattro ore della giornata le ragioni di vivere e le trovano in tutte quelle forme di divertimento che essi cercano come unico rimedio alla noia d'una quasi sempre triste giornata. Ostentano a ogni costo volontà di indipendenza e libertà, e tentano di sfuggire la dura realtà cercando in un mondo di pazze fantasie una soddisfazione più profonda, che l'industria del moderno materialismo promette a buon mercato. "Prego, nessun dovere, nessun obbligo, nessuna responsabilità. La nostra è una generazione senza addii, che guarda freddamente le cose ... Battermi? Non saprei per quale causa". E la noia non è sempre la peggiore conclusione.
Vi sono però altri giovani che accettano con tenace volontà i loro impegni. Sono assai numerosi, quando hanno la fortuna di usufruire di un'educazione profondamente umana, cioè cristiana. Trovano anche loro che la giovinezza è un affare complesso e difficile, perché non sempre, con la più buona volontà, si può trovare la propria strada nella vita, ma fortunatamente incontrano chi dà loro una mano, chi è animato da sincero amore verso di loro che sono ancora in pericolo e non sanno camminare da soli, ma che portano racchiuso in sé tutto il futuro con immense possibilità di bene. Sono giovani che da soli, senza cioè l'aiuto dell'educatore, difficilmente o solo più tardi avrebbero scoperto la ragione del sacrificio e d'uno sforzo sano, che sono alla base di ogni gioia profonda e duratura, mentre nel suo consiglio trovano vento per le loro vele e si creano una volontà di affermazione che affronta vittoriosamente la vita.
Non condividiamo l'opinione che i giovani d'oggi non abbiano ideali. Se uno scrisse che non avrebbe mai potuto far parte di una generazione di martiri, a centinaia i giovani d'oggi, anzi i giovanissimi, hanno dimostrato per le vie di Budapest che sanno ancora morire. I giovani, per il fatto stesso che sono giovani, sono raramente dei rinunciatari. Ai più la vita appare sempre degna d'esser vissuta; e si rallegrano di vivere da uomini liberi, da uomini cioé che hanno il diritto e il dovere di pensare, di agire, di prendere delle decisioni. E' compito dell'educatore inculcare la fiducia nei fondamentali ideali della vita, quali il Vero e il Bene, perché ogni giovane ha il Sacrosanto diritto di credere a un mondo migliore e di operare a tale scopo.
"Noi giovani dobbiamo creare un mondo nuovo, nel quale vivono uomini. Non politici, commercianti o tecnico finanziari, ma Uomini. Non italiani o tedeschi, americani o russi, ma Uomini. Noi non combatteremo per questi compiti. Forse siamo stanchi per questo; e non tentiamo nemmeno di conquistare altri a questo scopo. Però non ci rassegneremo, perché sentiamo la prepotente nostalgia di un mondo più umano".
Non è pensabile un giovane senza ideali, non solo perché ogni individuo abbisogna continuamente d'un traguardo come stimolo nel suo lavoro, ma soprattutto perché un certo orgoglio e volontà di affermazione sono sempre presenti nell'animo del giovane. E se sui tradizionali ideali, cari alle giovani generazioni del Risorgimento, l'epoca nostra ha lasciato cadere una doccia fredda, se le parole "Patria - Libertà - Giustizia" hanno tradito la generazione adulta perché una Mano menzognera da scopi le tramutò in mezzi creando il caos della guerra e del dopoguerra, non è lecito pronunciare quelle parole davanti ai giovani con assoluto scetticismo. Anzi, gli anziani possono guardare con fiducia a molti giovani che sentono e avvertono la bellezza e la grandezza di verità, che nei decenni passati furono di proposito dimenticate o disprezzati perché non servivano ai "popoli forti"; le vanno avvertendo e affermando in modo qualche volta sconcertante ma sempre promettente. Essi, che stanno dimenticando sui campi sportivi, nei viaggi, sulle moderne autostrade, nello studio delle lingue, i tristi nazionalismi del passato, si trovano assai più vicini a capire e realizzare quel Messaggio evangelico, per cui gli uomini son tutti fratelli in un mondo dove Dio non ha posto confini in una casa comune dove Dio è Padre.
Forse i nostri giovani, più che di rimproveri, hanno bisogno di nuove idee, più che di sentirsi implacabilnente mortificati nella loro esuberanza, necessitanti della mano che li sostenga e indichi loro un cammino più sicuro. Sentono e accettano ideali meno vaghi dei nostri, più concreti, più esistenti, ideali privi di retorica, ma sostanziati di impegno e di responsabilità personali. E se trovano in chi li precede un esempio di vita, di dignità, di lavoro, sanno dimostrare che anche le parole non restano morte sillabe, ma scendono con forza vitale nel loro animo.
La società richiama oggi al giovane la necessità di una qualificazione delle sue capacità, pena di restare impotente ai margini della vita stessa. Il patrimonio dei genitori garantisce ben poco con i rapidi mutamenti in atto in ogni settore della vita civile. Ora, se il mondo della scienza, dell'industria e del commercio vuole e cerca solo il giovane capace e non tollera il mediocre, è necessario ripetere ai giovani di porre anzitutto a se stessi e continuamente tale scelta.
Il mondo d'oggi non è fatto per i mediocri, per gli impreparati, per gli avventurieri. Ha esigenze nuove e imperiose e solo i giovani decisi e volonterosi vi possono operare con splendide possibilità di affermazione. L'esperienza dimostra inoltre a questo riguardo che chi diventa un valente professionista è, nella maggioranza dei casi, un benemerito cittadino e un eccellente capofamiglia.
Questo è un traguardo che si raggiunge dopo lunga e coscienziosa preparazione; la strada non è facile nè breve e richiede l'aiuto di chi la conosce e ha più esperienza. Genitori ed educatori troveranno che il punto di partenza per un sicuro cammino può venir fornito anche da quell'elemento che l'umanesimo moderno ha portato in prima linea: la libertà. L'uso della libertà è intimamente legato alla capacità di decisione, che una sana educazione tiene d'occhio perché il giovane decida saggiamente. Quando un giovane avverte che non è bene masticare per ventiquattro ore chewing-gum e spendere ogni giorno 50 lire per il gelato e decide di farne a meno, si può nutrire fiducia che in questa e per questa libertà di rinuncia siano presenti in lui quelle capacità che ne faranno il valente professionista e il bravo capofamiglia.
A noi pare che la gioventù d'oggi dà molto da sperare e molto da fare: occorre nel grigiore dell'odierno materialismo dare ad essa idee, idee buone e nuove, idee che la fresca e perenne sorgente del Cristianesimo crea continuamente. "Il Cristianesimo non è sonnifero, è dinamite", disse Pater Leppich ai portuali di Amburgo. Solo che per un'opera efficace tra i giovani, i genitori e gli educatori non devono stancarsi dal ripetere a se stessi ogni giorno quanto il Card. Montini disse nel 1955 ai Sacerdoti Assistenti della Gioventù Cattolica della Diocesi Milanese: "Avete amato la nostra gioventù. E bisognerà amarla ancora molto — capirla, compatirla, ascoltarla, esortarla, edificarla e poi ancora amarla — se vogliamo farne ancora l'esercito di Cristo e la primavera della Chiesa nel mondo moderno".
Don RENZO DALPONTE
direttore
Nessun commento:
Posta un commento