Arcivescovo di Trento 1940-1962
Annuario del collegio arcivescovile, 1962-1963, n.29, pp. 1-2
«Figlioli miei, vi scrivo queste cose affinché non pecchiate». Non sono che un povero peccatore, quale ogni buon cristiano deve riconoscersi e confesso volentieri a Dio, Padre Onnipotente, alla Beata Vergine e a Voi, figlioli, come ho fatto ogni giorno ai piè dell'Altare, «quia peccavi... mea maxima culpa». Ma posso ben dire, in faccia alla morte, che tutta la mia vita, di educatore, di sacerdote e di vescovo, l'ho spesa a combattere il peccato. Anche morto intendo combatterlo, se mi sarà dato, dal purgatorio e tanto più dal Paradiso, se la divina misericordia mi accoglierà.
Lo ricordino le anime e soprattutto i pastori d'anime: è qui che bisogna concentrare ogni spirituale batteria; il resto viene da sé. Arrivederci in paradiso».
E' questo il testamento spirituale di Mons. Carlo de Ferrari, che si è spento il 14 dicembre 1962, dopo aver retto l'Arcidiocesi di Trento per ventidue anni.
Ricordo il primo incontro con lui, nel settembre 1951. Davanti alla comprensibile perplessità per il suo decreto che mi nominava Direttore del Collegio Arcivescovile di Trento, Mons. de Ferrari, dopo aver pazientemente ascoltato le mie obiezioni, soggiungeva brevemente: «Lei, il giorno della sua consacrazione sacerdotale, mi ha promesso obbedienza, figliolo! Accetti perciò questo invito. Avrà la mia benedizione». Penso che non sarà facile rifiutare un servizio, quando un Vescovo parla così.
Da allora gli incontri si moltiplicarono. Ogni quindici giorni si andava da lui a chiedere un consiglio, a sottoporre una proposta. In una di quelle visite lo pregai di venire in aiuto all'inesperienza, di tracciare per noi dello Arcivescovile un programma di lavoro, di indicare insomma cosa si doveva farne degli studenti affidati alle nostre cure. «Ne faccia dei valenti professionisti e dei buoni cristiani. Buoni cristiani sono coloro che alla domenica attendono alle loro pratiche di pietà. Non pretenda di più, specie dai grandi, oltre la quotidiana preghiera. Se danno spontaneamente di più, ne ringrazi il Signore; diversamente, lavori con serenità e fiducia».
Era il suo modo di consigliare. Un modo tutto suo personale, semplice, schietto, spesso arguto, e d'una cordialità ricca di saggezza umana e cristiana.
Quando gli furono presentati i primi progetti dei nuovi edifici, ne fu oltremodo felice. «Non avrei mai voluto sottoscrivere la fine dell'Arcivescovile, di un Istituto che avevo imparato ad apprezzare ancora quando ero insegnante a Udine e a Verona». E venne due volte ad osservare i cantieri di lavoro.
Ebbe a dire di lui il Patriarca di Venezia, Card. Urbani, nel discorso funebre, che «dava volentieri fiducia a chiunque gli presentava un progetto di bene». Per questo furono molti nella Diocesi di Trento coloro che sulla sua fiducia si impegnarono a fondo per qualche opera buona, col proposito anche di non tradire mai quella fiducia. Il risultato fu una grande fioritura di iniziative d'ogni genere, e fra le tante, quella a noi più cara: la nuova sede del Collegio Arcivescovile di Trento. Mons. de Ferrari non nascose il suo compiacimento quando venne a benedire la Cappella dell'Istituto. Entrato in chiesa, si fermò un attimo ad osservare la croce luminosa sopra l'altare, guardò fugacemente all'intorno, soggiungendo poi: «Sia ringraziato il Signore, ora c'è tutto, anche la Sua Casa».
Il nostro Istituto partecipò al completo, con professori e alunni, ai solenni funerali del venerato Arcivescovo: fu il mesto saluto della nostra famiglia e l'addio riconoscente ad un Vescovo che ci aveva voluto particolarmente bene.
Il Direttore
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