giovedì 4 aprile 2013

Don Renzo, un punto di riferimento culturale e spirituale

Intervista a Luca Carli
Amico, collaboratore e conterraneo di monsignor Lorenzo Dalponte

Don Renzo, un punto di riferimento culturale e spirituale”

Cosa la colpisce della figura di monsignor Dalponte?
Aveva un umanità classicamente evangelica. Inoltre possedeva una caratteristica fondamentale: quando succedeva una disgrazia non la evitava, ma era molto attento nel rispettare il dolore degli altri. Aveva una capacità empatica di entrare in contatto con queste persone, basata sull'ascolto, che lo faceva per questo un punto di riferimento nella comunità. Ricordo in particolare un episodio: con mia moglie siamo molto amici di un mio “collega di naia” a cui circa 15 anni fa morì un figlio. Durante il periodo estivo la moglie del mio amico restò a Vigo Lomaso a casa mia per quasi un mese a causa di una grave depressione a seguito della disgrazia. Questa donna dopo la tragedia seppur credente aveva una forte avversione verso il cristianesimo e in generale verso la religione che metteva a dura prova la sua fede. Una mattina si fermò a chiacchierare con don Renzo per un ora e mezzo. Fu un passaggio importantissimo che vide un cambiamento totale in lei. Parlandone con lei mi aveva detto “lui mi ascoltava e capivo che recepiva il mio dolore e lo faceva suo; poi mi disse che avevo ragione a prendermela con Dio perché aveva permesso questa cosa ma dovevo anche capire che Dio aveva permesso che mettessero in Croce suo figlio”.

Si ricorda cosa faceva monsignor Dalponte quando tornava nei fine settimana qui nel Lomaso?

Don Renzo quando ritornava nel suo paese natale di Vigo Lomaso ammetteva sempre che aveva girato il mondo ma che non aveva trovato luoghi di bellezza simile quali le Giudicarie Esteriori che lui chiamava “la val pù bela”.
Ricordo in particolare quanto amasse l'estate fare gite sulle malghe della valle o semplici passeggiate in Val Lomasona. Conosceva topograficamente tutta la valle e i vari sentieri di montagna. Accompagnandolo nelle sue gite “condiva” la camminata con continui riferimenti geografici e storici.
Voleva un bene enorme alla chiesa di Vigo e in quegli anni si facevano dei lavori di restauro e di ristrutturazione alla Pieve e in questo ci incoraggiava sempre. Mi diceva spesso che due cose sono da fare appena possibile: la costruzione di un organo adatto alla chiesa che somigliasse a quello che c'era fino al 1927 e la ricostruzione della punta del campanile caduta nel 1933. Siamo riusciti finalmente in questi ultimi anni a completare queste due opere e ora credo sarebbe stato felice di vedere la loro realizzazione.
La gente lo ricorda in particolare per le sue omelie che erano chiare e semplici con continui riferimenti all'attualità in cui calava i valori evangelici. Quando celebrava a Vigo Lomaso venivano dal Bleggio e dal Banale per ascoltarlo. Aveva sempre tempo da dedicare agli altri e chiacchierava con tutti raccontando aneddoti, barzellette, storie. Era un uomo che voleva bene a tutti, dal vecchio al bambino.

Monsignor Dalponte fu anche amministratore delle Terme di Comano. Si ricorda alcuni episodi relativi a questa mansione ricoperta da don Renzo?

Don Renzo ebbe molto a cuore la realtà delle Terme di Comano; fui proprio io a insistere affinché entrasse nel consiglio di amministrazione perché sapevo che lui amava le Terme.
Partecipava alle riunioni del consiglio e sosteneva le proposte di sviluppo per l'area delle Terme. Ricordava che le terme erano si della valle ma soprattutto dei poveri della valle. Anche ora questa realtà si dovrebbe continuamente tenere presente. Questo aspetto don Renzo lo aveva approfondito anche dal punto di vista storico.
Pochi mesi prima di morire era già molto ammalato e volle comunque partecipare alla celebrazione per la posa della prima pietra del nuovo albergo e si preparò un discorso nonostante le notevoli difficoltà che aveva già nel solo parlare.

Come ha percepito il legame, l'ispirazione, che don Renzo traeva dal fondatore della cooperazione trentina don Lorenzo Guetti, anche lui originario di Vigo Lomaso?

Don Renzo studiò la figura di don Guetti e in particolare i diari delle messe di cui pubblicò una breve analisi. La cosa che lo interessava di più erano i valori che don Guetti aveva posto alla base della cooperazione, come il galantomenismo, (parola non più usata linguisticamente ma putroppo anche praticamente), che dovevano essere ribaditi e posti alla base delle istituzioni cooperative. Facilmente anche le odierne crisi in varie realtà della cooperazione trentina sono dovute all' affievolimento di questo concetto di base per la cooperazione.
Ricordo che accennò a un fatto qui al teatro di Vigo Lomaso durante una festa a ricordo di don Guetti. Durante la I guerra mondiale il fronte di guerra passava dalla Valsugana, attraversava la val d'Adige la valle del Sarca e proseguiva per la val di Ledro. Nei paesi di questo territorio c'erano già 18 casse rurali. Gli austriaci diedero ordine di evacuare totalmente i paesi sul fronte di guerra in 48 ore. Fu un dramma per moltissime persone. Per la casse rurali era questione di vita o di morte: registri, depositi ecc. Qualcuno depositò nella cassa di risparmio di Trento o in altre banche i propri fondi. I libri contabili furono solo in parte custoditi dai presidenti (quasi tutte persone anziane che quindi non erano state reclutate per la guerra) che vennero portati in Austria o Cecoslovacchia in campi di fortuna. In alcuni casi i presidenti stessi proseguirono con l'attività delle casse anche in queste zone per le necessità più impellenti anche in mancanza dei direttori delle casse che essendo quasi tutti giovani erano richiamati al servizio militare.
Alla fine della guerra ben 12 casse rurali su 18 non avevano più i registri. Si istituirono cosi delle commissioni costituite dal parroco locale, dal direttore e dal presidente della cassa rurale se erano sopravissuti alla guerra. In queste commissioni, ogni socio veniva a dichiarare dei suoi depositi o prestiti. Si arrivò alla fine ad avere una cifra talmente precisa che le cifre quadravano quasi esattamente. Questi fatti storici, per la verità poco conosciuti, devono farci riflettere sul valore dell'onestà e del galantomenismo che sono valori sociali ma anche evangelici. Don Renzo rifletteva: “Al giorno d'oggi succederebbe lo stesso?”.

Che legame aveva don Renzo con gli Schützen?

Don Renzo instaurò un legame molto forte con gli Schützen. Talvolta lui stesso era messo “in sospetto” di schierarsi politicamente poiché gli Schützen erano legati a un partito locale. Tuttavia non era così; lui vedeva il gruppo degli Schützen essenzialmente dal punto di vista storico culturale e soprattutto per i valori sociali come l'impegno, l'onestà e l'amore per la terra di cui erano portatori e propugnatori. Erano questi i valori che secondo don Lorenzo bisognava perseguire e che erano valori tipici della gente trentina.
Ricordo che la domenica mattina ci trovavamo spesso in sacrestia prima della messa per fare due chiacchiere anche di carattere sociale o politico: nelle sue parole non prendeva mai posizione per un partito politico, ma solo parlava delle problematiche politiche e sociali che riguardavano la realtà trentina. Conosceva infatti la realtà socio-culturale trentina molto bene, anche perchè la dirigenza che c'era in quel periodo era quasi tutta uscita dall'Arcivescovile retto dall'azione di monsignor Dalponte per lungo tempo.
Era una personalità indubbiamente legata al mondo germanico visti gli studi a Friburgo e i lunghi mesi di ricerca trascorsi negli archivi di Innsbruck e di Vienna. Leggeva i giornali tedeschi e scriveva per il Tiroler Almanach. Riguardo il passaggio del Trentino all'Italia dopo la prima guerra mondiale
sosteneva che i trentini non furono entusiasti di questo passaggio storico, poiché vedevano l'Italia meno acculturata e socialmente evoluta. A proposito di questo raccontava un aneddoto: nel 1919 i soldati italiani, pochi giorni dopo l'entrata nel Trentino, appesero agli albi comunali un avviso nel quale il re d'Italia proclamava il Trentino come territorio italiano. Un tenente si mise a leggerlo e a proclamarlo ad alta voce, pensando che quasi nessuno sapesse leggere, ma, la sorpresa del tenente fu grande quando apprese che in Trentino tutti sapevano leggere. L'analfabetismo nei territori austriaci era molto basso rispetto a quelli italiani.
La storia del Trentino era per don Renzo un esempio di vita per le generazioni presenti e per quelle future. Ed era compito nostro farla conoscere per poterla seguire.

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