Nasce a Sardagna, esattamente al Mulino del Rio Vela, lungo la statale per Cadine, che si vedeva cadente e abbandonato fino a qualche anno fa. Consacrato sacerdote nel 1893, passò ad Innsbruck per gli studi universitari, laureandosi nel 1898 in latino e greco. Insegnò tutta la vita, presso il Collegio. Nel 1924 fu nominato Preside della scuola. È l'anno della separazione del vecchio Istituto, con la creazione del Seminario Minore per gli aspiranti al sacerdozio, e del Collegio Pareggiato per i normali studi umanistici. Per due anni fu Preside delle scuole di ambedue le istituzioni. Dal 1926 al 1935 tenne la responsabilità scolastica nel Pareggiato.
Il 3 luglio 1915 raggiunse i nostri profughi a Weska, vicino a Olmütz, in Moravia. Su un territorio di circa 20 km per 20 c'erano famiglie di Trento, di Levico, della Val di Ledro e di Oltresarca, sparse in dodici paesetti che formavano quattro grosse parrocchie. Trovò una dimora idonea a Weska in una fattoria delle suore Premonstratensi del santuario di Heiligenkreuz. Raccoglieva alla domenica i fedeli trentini nella chiesa parrocchiale di Dolany (Dolein, in tedesco), una borgata abbastanza centrale, raggiungibile senza grossi disagi.
Don Giuseppe Degasperi |
Weska, un paesetto di montagna, era abitato allora da una popolazione in massima parte tedesca. Le suore vi tenevano un'azienda agricola prospera, perché erano loro stesse laboriosissime. Trattarono il sacerdote italiano con benevolenza e con premura. Don Degasperi poté muoversi a suo agio e aiutare dove c'era da aiutare. Constatò con soddisfazione che in breve tempo i profughi si erano acquartierati abbastanza bene. Mancavano di vestiario soprattutto quelli di Levico e di Oltresarca che erano la maggior parte, perché l'evacuazione nelle due località era stata fatta precipitosamente ed erano partiti col solo vestito che avevano indosso e con pochissima biancheria. Allora don Degasperi si diede da fare a cercare indumenti. Scrisse anche a Trento, chiedendo aiuto in questo senso.
Trovò sul posto un prezioso collaboratore nel collega professor don Giuseppe Segata, che aveva residenza nel santuario di Heiligenberg e accoglieva con cura e affetto i pellegrini trentini che vi si recavano. I due sacerdoti lavorarono di comune accordo, sostenendosi a vicenda, individuando le soluzioni più adeguate per alleviare i sacrifici degli esuli.
In una lettera del 30 dicembre 1915, si volge personalmente al Vescovo Endrici con una scrittura minuta, precisa, quasi perfetta, afferma fin dalla prima riga che il suo messaggio ai «dilettissimi diocesani» profughi, lo incoraggia a fare cosa che ha mai fatto, di scrivere direttamente al suo Vescovo per ringraziarlo a titolo personale e a nome dei profughi affidati alle sue cure «del dolce conforto recatoci colle sue sante parole, evidentemente uscite dal cuore riboccante di amarezza e sollecitudine per la triste disgraziata dispersione del suo gregge».
Nel rivolgergli un augurio per il nuovo anno, a nome di tutti, perché il Signore si degni abbreviare al Vescovo e alla Diocesi i giorni della tribolazione, aggiunge una breve nota, che i suoi profughi in generale si comportano bene ed i parroci locali non hanno da lagnarsi, anzi, hanno parole lusinghiere per loro. (Continua)
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