giovedì 7 febbraio 2013

Nella battaglia vinse l'uomo (Prima parte)

Annuario del collegio arcivescovile di Trento 1989/1990, n°. 56, pp. 65-69, (PRIMA PARTE)

Nell'estate 1965 abbiamo trascritto la seguente lettera dalla bacheca di una High School a Parsippany nel New Jersey: 
"Caro collega, sono un sopravvissuto di un campo di sterminio. I miei occhi hanno visto cose che nessuno dovrebbe vedere: camere a gas costruite da ingegneri specializzati, bambini avvelenati da medici istruiti, lattanti soppressi da infermiere provette, donne e bambini fucilati e bruciati da gente diplomata e laureata. L'istruzione, perciò, mi insospettisce. E vi chiedo: aiutate i vostri alunni a diventare umani. I vostri sforzi non devono produrre mostri eruditi, psicopatici sapienti o dotti Eichmann, la lettura, la scrittura e l'aritmetica sono cose importanti soltanto se servono a rendere i nostri figli più umani. 
Il Preside N.N."
Abbiamo riletto più volte questa lettera davanti al collegio dei docenti all'inizio dell'anno scolastico, sottolineando e motivando l'invito del preside americano. Per la formazione integrale della persona non basta l'acquisizione di raffinate conoscenze e di abilità tecniche. Bisogna dare importanza alla formazione del cuore, insegnare ad amare, a dir grazie e a chiedere scusa ogni volta che ce n'è una ragione, risvegliando i valori della verità, della giustizia, della gentilezza e della fede. 
Ci è parso pertanto doveroso e stimolante far conoscere il seguente episodio avvenuto sui nostri monti all'inizio della Grande Guerra. Leggilo, giovane amico, e comprenderai una volta di più che solo l'altruismo ed un atto d'amore generoso ti rivelano il mondo e ti procurano graditi e duraturi ricordi.
Il 28 luglio 1914, con la dichiarazione di guerra da parte dell'Austria alla Serbia, cominciò la Prima Guerra Mondiale.
L'assassinio a Sarajevo dell'Arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo, erede al trono, e di sua moglie Sofia, ne furono l'occasione prossima ma non la causa principale. Le polveri per l'immane incendio, che avrebbe per quattro anni sconvolto l'Europa, erano preparate da tempo. Da decenni, sul continente, si fronteggiavano due potenti schieramenti, fortemente antagonisti per ragioni di prestigio storico e di interessi economici: da una parte Francia-Inghilterra-Russia, unite nella Triplice Intesa, dall'altra Austria-Germania-Italia, legate dal 1882, nella Triplice Alleanza. 
Allo scoppio della guerra il Governo italiano si mantenne dapprima neutrale, ma in pochi mesi le correnti nazionalistiche ed interventiste ebbero il sopravvento e lo indussero ad abbandonare l'Alleanza e ad unirsi alle potenze dell'Intesa, e, il 24 maggio 1915, a dichiarare ufficialmente guerra all'Austria con l'intento di annettersi Trento e Trieste e parte delle isole dalmate. 
Il fronte italo-austriaco, dallo Stelvio al Mar Adriatico, era lungo 550 km. e già nell'estate del 1914 il Comando militare italiano vi dislocò 190.000 soldati, mentre l'Austria, impegnata sul fronte russo, in Galizia, dove in offensive e controffensive si dissanguava il fior fiore del suo esercito, teneva sull'arco alpino poche truppe di copertura, circa 50.000 uomini, ossia tre reggimenti di Landesschützen (gli alpini austriaci) e 39 battaglioni di Standsschützen, una milizia territoriale formata da giovanissimi e da anziani. 
Con la dichiarazione di guerra, il Comando italiano fece arrivare in fretta oltre un milione di soldati al confine, affidando compiti difensivi alle truppe nel tratto più lungo, quello lombardo-veneto, e concentrando rilevanti masse di uomini e mezzi nel settore orientale, verso la Venezia Giulia, per un formidabile sforzo offensivo sull'Isonzo e sul Carso, in direzione di Gorizia e di Trieste: 
Su questo fronte, ad un mese dall'entrata in guerra, si scatenerà la prima delle undici sanguinose battaglie dell'Isonzo che sono notissime a chi conosce la storia della prima guerra mondiale. 
E' invece poco conosciuto uno scontro bellico avvenuto il 9 giugno 1915 a Passo Paradiso nel settore del Tonale, sul fronte lombardo-trentino, in un dispositivo di difesa che doveva rimanere tranquillo anche se costituiva un punto delicato e di grande importanza strategica per i due contendenti. 
Lo scontro, il primo in alta montagna, a pochi giorni dalla dichiarazione di guerra restò quasi ignorato dai bollettini di guerra perché non compromise minimamente il vecchio confine. Merita tuttavia che venga ricordato per il valore e l'umanità offerta dalle truppe alpine italiane e austriache che vi presero parte. 
In questo scacchiere erano giunti numerosi reparti italiani col compito di fronteggiare la difesa austriaca che poggiava su due pilastri montani: a Nord, la Punta di Albiolo (2980 m.) e a Sud, a Passo Paradiso, la cresta dei Monticelli, dove era stato sistemato un presidio di 75 Standschützen  al riparo di alcuni muretti di granito. Il presidio era in collegamento per mezzo di sciatori, attraverso il Passo di Presena nell'alta Valle di Genova, con il reparto che occupava il rifugio Mandrone, chiamato allora Leipziger Hütte. 
Un dipinto della battaglia del 9 giugno 1915 fatto all'epoca
 da Hans Bertle, combattente austriaco. In primo piano
le "ridotte" austriache mentre sullo sfondo la discesa
 delle truppe italiane lungo il nevaio.
Il confine tagliava a metà Passo Paradiso, situato tra i Monticelli e la Punta del Castellaccio. Qui c'era, da tempo, un presidio di alpini italiani che teneva controllato il Passo. 
Tre giorni prima della dichiarazione di guerra, il 21 maggio, il Comando austriaco fece arrivare al Tonale il IX Battaglione del II Reggimento Landesschützen e, il 23 maggio, inviò un plotone di 94 uomini con due cadetti al comando del tenente Rico Quandest, a rinforzare le posizioni austriache dei Monticelli. 
Il reparto italiano era più in basso, di fronte a quello austriaco, a circa 100 metri. Con sorpresa di quest'ultimo, nel pomeriggio del 23 gli alpini abbandonarono le loro posizioni ritirandosi verso la valle. 
Il Comando italiano, a Ponte di Legno, ritenendo che il reparto fosse in una posizione troppo avanzata e pericolosa, aveva ordinato, a mezzo staffetta, di abbandonare il posto e scendere in basso. Sul far della notte, alle 20.50, il tenente Quandest ricevette il fonogramma: "È iniziato lo stato di guerra con l'Italia. Avvertire la truppa". 
Il tenente, allora, fece occupare immediatamente la posizione abbandonata dagli alpini, adattandola a sua difesa, e nelle ore seguenti distribuì posti di vedetta su per la cresta fino alla Cima del Castellaccio (3020 m.). 
Il Comando italiano si rese presto conto di aver commesso un grave errore con il ritiro del suo avamposto a Passo Paradiso. Già il 24 maggio alcuni colpi dell'artiglieria austriaca, dai forti Merlo e Tonale, caddero su Ponte di Legno, causando incendi e obbligando popolazione e soldati ad evacuare. 
Dall'osservatorio del Castellaccio gli Austriaci potevano controllare buona parte dell'alta Valle Camonica e dirigere con sicurezza la loro artiglieria su bersagli importanti. Allora il Comando italiano decise di tentare un grosso colpo di mano, di scendere cioè inaspettato e in forze dall'alto di Passo Maroccaro e di occupare tutta la conca di Presena con Passo Paradiso, difesa fino a quel momento, secondo sicure informazioni, da poche pattuglie austriache. 
L'operazione fu affidata al miglior battaglione della V Divisione alpini, il "Morbegno", 1000 uomini, al comando del tenente colonnello Riccardo Castelli. 
Il piano d'attacco era così studiato: il battaglione doveva salire nella notte 8/9 giugno da Val Narcanello e raggiungere Passo Pisgana (2935); da qui sarebbe entrato nell'alta conca del Mandrone marciando verso Passo Maroccaro (2975 m.), in cima alla Vedretta Presena. Qui giunto, il "Morbegno" avrebbe organizzato l'attacco scendendo a colonne lungo la vedretta verso il Passo Paradiso (2573 m.), mentre due altri battaglioni di alpini, il "Val Camonica" ed il "Val lntelvi", avrebbero impegnato gli Austriaci del Passo del Tonale con un'azione di disturbo, per salire poi, quando il "Morbegno" si fosse impadronito di Passo Paradiso, a dargli man forte nell'ulteriore importante conquista dei Monticelli. 
Guide alpine di Ponte di Legno avevano informato il Comando italiano che Passo Maroccaro era ancora incustodito e non era visibile da Passo Paradiso. La sorpresa dell'attacco, quindi, poteva essere completa e determinante per la riuscita dell'impresa. 









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