lunedì 18 marzo 2013

Orazione funebre per il prof. don Leone Franch


Annuario del Collegio Arcivescovile, 1964-1965, n. 31, pp. 16-17

La sera del 10 novembre 1964 spirava a Cloz, in Val di Non, suo paese natale, all'età di 81 anni, il M. R. Prof. Franch don Leone, per molti anni insegnante di lettere italiane e latine nel nostro Liceo Ginnasio. In occasione dei funerali, tenutisi a Cloz, nella mattinata del 12 novembre, con grande concorso di sacerdoti ed ex alunni, il Direttore, Mons. Dalponte, leggeva la seguente orazione funebre: 
Confratelli nel sacerdozio, fedeli di Cloz, cari alunni! 
Abbiamo portato qui, nella Chiesa di Cloz, le spoglie mortali del Prof. don Leone Franch per prendere da lui l'estremo commiato, con la pietà e con la solennità che meglio valessero a dire a noi e a testimoniare a quanti lo hanno conosciuto, il nostro devoto e cosciente dolore. 
Qui in preghiera, quasi consegnando a Dio l'anima sua, prendiamo congedo da Lui. Noi non vedremo più su questa terra il nostro caro Professore, don Leone Franch: lui che da studenti abbiamo incontrato con timore e trepidazione, forse per il suo volto serio e dignitoso, ma che presto abbiamo circondato di simpatia, di affetto ed anche di ammirazione quando ci fu possibile conoscerlo da vicino o accostarlo fuori della scuola, nei momenti non convenzionali o ufficiali. Sì, perché conoscere a fondo don Leone rappresentava sempre una piacevolissima conferma e, per molti aspetti, una scoperta: una conferma di quella impressione di genuinità profonda della sua personalità, di quella serietà e onestà convinta d'intenti che lo portava ad essere, senza darlo a vedere retoricamente, maestro amato, didatta efficace, sicuro, chiaro per tutti i suoi alunni; la scoperta riguardava una sua umanità privata, per così dire, interna e non convenzionale, quella che era facile incontrare purché lo si andasse a trovare, questi ultimi anni particolarmente, nella sua stanza. 
Allora, quest'uomo schivo e quasi timido, così attento a non urtare e a non disturbare, e perciò riservato nel rapporto pubblico, si animava e quasi si trasformava, si abbandonava al piacere della conversazione amichevole, e grato per il dono dell'amicizia, della compagnia che gli si offriva, si confidava con grande semplicità, si informava di tante piccole cose che noi si sarebbe detto essergli sfuggite, amava fare i suoi argomenti argutissimi e precisi, dove traspariva un humour che un lampeggiare intelligente e vivace dello sguardo sottolineava. 
Folte schiere di sacerdoti e centinaia di alunni, ora professionisti, nei quarant'anni del suo insegnamento, lo hanno conosciuto così, d'un'umanità ricca, dove lo studio e l'esperienza avevano esaltato e perfezionato, mai mortificato le naturali doti di ingegno, di precisione, d'umore candido e arguto della sua anima di maestro e umanista. E noi infinite volte abbiamo potuto constatare ch'era un piacere, ad esempio, il suo preoccuparsi di offrire all'ospite tutto quanto aveva a disposizione, quasi per invitarlo a fermarsi ancora un po', a non andar via, a donargli ancora il piacere della conversazione che non era mai con lui una perdita di tempo, perché si aveva sempre modo di imparare qualche cosa, di arricchire accanto ad una vita così ricca di valida esperienza. 
Ora che ci è tolto alla nostra conversazione terrena, sentiamo il bisogno di esprimere pubblicamente il nostro lutto e il nostro dolore, e di sostare ancora una volta, per l'ultima volta, vicino a Lui, quasi a ripercorrerne una lunga e familiare storia. 
La sua non fu una vita breve: nato a Cloz nel 1883, fu ordinato sacerdote a Trento nel 1907, poi per due anni cappellano a Predazzo, quindi studente all'Università di Innsbruck, dove si laureò nel 1914. Da questa data, per 40 aanni, fu insegnante di lettere italiane e latine nel Seminario Diocesano, al Collegio Arcivescovile e presso il Seminario di Tirolo. 
Fu una vita possiamo dire anche lunga, ma con poche ore serene, segnata di due guerre, di dolorose separazioni, di grandi lutti, in famiglia e nella cerchie delle sue conoscenze. Ne parlava qualche volta di questa sua vita, sommessamente, quasi sollevando con delicatezza un velo che copriva molti ricordi, per lui dolorosi e sacri. E fu in queste circostanze che scoprimmo in lui un aspetto particolare dell'anima sua! E' sempre difficile penetrare nel mistero di un'anima: più difficile nel caso di don Leone, perché egli ebbe un particolare pudore della sua interiorità e pochi riuscirono a intravedere la sua semplicità interiore, la sua pietà profonda, la sua preghiera. Non che passasse ore e ore in preghiera; la sua preghiera si era sì prolungata in questi ultimi anni, ma era semplicissima, senza atteggiamenti e senza pose. Era nutrita di ricordi dolorosi, ma fattasi convinta, quasi serena. E questa preghiera confidente al Signore lo accompagnò fino all'ultimo minuto del suo tramonto, quando alla buona nipote che l'assisteva strinse la mano in segno di grazie e d'addio, e si segnò lentamente con il segno della Croce. 
Forse a questo rito sacro, testimonianza della nostra fede, della nostra pietà e della nostra riconoscenza, si converrebbe di più il silenzio, proprio per lasciare a ciascuno di rivedere ancora una volta, così come egli veramente era, il nostro caro Professore, don Leone. Riteniamo perciò sufficiente al nostro lutto e al nostro devoto omaggio quanto abbiamo detto con semplicità e sincerità, anche se l'affetto che a Lui ci lega metterebbe tante altre espressioni sulle nostre labbra. 
Il suo nome ci richiama tuttavia quello della Famiglia Franch che per il passato tanto onorò questa terra e questa valle. La Diocesi di Trento le deve tre ottimi sacerdoti, don Pio, don Giuseppe e don Leone. È così eccezionale il fatto di tre fratelli sacerdoti ch'esso non ci lascia indifferenti, ma ci conduce vicino a questa meravigliosa famiglia, a condividere con il fratello loro, il dott. Lino Franch e con i numerosi nipoti, la tristezza di quest'ora e l'amarezza di quest'ultimo commiato, a stringere loro la mano manifestando i sentimenti del nostro profondo cordoglio! «Voi avete perduto un fratello, uno zio carissimo; noi un collega, un amico, un padre. La sua morte ci dice ora ch'Egli apparteneva alla vostra e nostra vita, alla vostra e alla nostra casa. Insieme deponiamo sulla sua tomba il fiore della riconoscenza e dell'affetto. Questa morte ci stacca tutti da Lui! Sia fatta la volontà di Dio! Questa morte ci richiama al rimpianto, al ricordo, alla preghiera e alla speranza e mette nel nostro cuore l'invocazione vivissima e fiduciosa alla misericordia del Signore perché raccolga nella pace e nella luce eterna colui che fu per voi e per noi sacerdote, fratello ed amico». 

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