Amico, collaboratore e conterraneo di monsignor Lorenzo Dalponte
“Don
Renzo, un punto di riferimento culturale e spirituale”
Cosa
la colpisce della figura di monsignor Dalponte?
Aveva
un umanità classicamente evangelica. Inoltre possedeva una
caratteristica fondamentale: quando succedeva una disgrazia non la
evitava, ma era molto attento nel rispettare il dolore degli altri.
Aveva una capacità empatica di entrare in contatto con queste
persone, basata sull'ascolto, che lo faceva per questo un punto di
riferimento nella comunità. Ricordo in particolare un episodio: con
mia moglie siamo molto amici di un mio “collega di naia” a cui
circa 15 anni fa morì un figlio. Durante il periodo estivo la moglie
del mio amico restò a Vigo Lomaso a casa mia per quasi un mese a
causa di una grave depressione a seguito della disgrazia. Questa
donna dopo la tragedia seppur credente aveva una forte avversione
verso il cristianesimo e in generale verso la religione che metteva a
dura prova la sua fede. Una mattina si fermò a chiacchierare con don
Renzo per un ora e mezzo. Fu un passaggio importantissimo che vide un
cambiamento totale in lei. Parlandone con lei mi aveva detto “lui
mi ascoltava e capivo che recepiva il mio dolore e lo faceva suo; poi
mi disse che avevo ragione a prendermela con Dio perché aveva
permesso questa cosa ma dovevo anche capire che Dio aveva permesso
che mettessero in Croce suo figlio”.
Si
ricorda cosa faceva monsignor Dalponte quando tornava nei fine
settimana qui nel Lomaso?
Don
Renzo quando ritornava nel suo paese natale di Vigo Lomaso ammetteva
sempre che aveva girato il mondo ma che non aveva trovato luoghi di
bellezza simile quali le Giudicarie Esteriori che lui chiamava “la
val pù bela”.
Ricordo
in particolare quanto amasse l'estate fare gite sulle malghe della
valle o semplici passeggiate in Val Lomasona. Conosceva
topograficamente tutta la valle e i vari sentieri di montagna.
Accompagnandolo nelle sue gite “condiva” la camminata con
continui riferimenti geografici e storici.
Voleva
un bene enorme alla chiesa di Vigo e in quegli anni si facevano dei
lavori di restauro e di ristrutturazione alla Pieve e in questo ci
incoraggiava sempre. Mi diceva spesso che due cose sono da fare
appena possibile: la costruzione di un organo adatto alla chiesa che
somigliasse a quello che c'era fino al 1927 e la ricostruzione della
punta del campanile caduta nel 1933. Siamo riusciti finalmente in
questi ultimi anni a completare queste due opere e ora credo sarebbe
stato felice di vedere la loro realizzazione.
La
gente lo ricorda in particolare per le sue omelie che erano chiare e
semplici con continui riferimenti all'attualità in cui calava i
valori evangelici. Quando celebrava a Vigo Lomaso venivano dal
Bleggio e dal Banale per ascoltarlo. Aveva sempre tempo da dedicare
agli altri e chiacchierava con tutti raccontando aneddoti,
barzellette, storie. Era un uomo che voleva bene a tutti, dal vecchio
al bambino.
Monsignor
Dalponte fu anche amministratore delle Terme di Comano. Si ricorda
alcuni episodi relativi a questa mansione ricoperta da don Renzo?
Don
Renzo ebbe molto a cuore la realtà delle Terme di Comano; fui
proprio io a insistere affinché entrasse nel consiglio di
amministrazione perché sapevo che lui amava le Terme.
Partecipava
alle riunioni del consiglio e sosteneva le proposte di sviluppo per
l'area delle Terme. Ricordava che le terme erano si della valle ma
soprattutto dei poveri della valle. Anche ora questa realtà si
dovrebbe continuamente tenere presente. Questo aspetto don Renzo lo
aveva approfondito anche dal punto di vista storico.
Pochi
mesi prima di morire era già molto ammalato e volle comunque
partecipare alla celebrazione per la posa della prima pietra del
nuovo albergo e si preparò un discorso nonostante le notevoli
difficoltà che aveva già nel solo parlare.
Come
ha percepito il legame, l'ispirazione, che don Renzo traeva dal
fondatore della cooperazione trentina don Lorenzo Guetti, anche lui
originario di Vigo Lomaso?
Don
Renzo studiò la figura di don Guetti e in particolare i diari delle
messe di cui pubblicò una breve analisi. La cosa che lo interessava
di più erano i valori che don Guetti aveva posto alla base della
cooperazione, come il galantomenismo, (parola non più usata
linguisticamente ma putroppo anche praticamente), che dovevano essere
ribaditi e posti alla base delle istituzioni cooperative. Facilmente
anche le odierne crisi in varie realtà della cooperazione trentina
sono dovute all' affievolimento di questo concetto di base per la
cooperazione.
Ricordo
che accennò a un fatto qui al teatro di Vigo Lomaso durante una
festa a ricordo di don Guetti. Durante la I guerra mondiale il fronte
di guerra passava dalla Valsugana, attraversava la val d'Adige la
valle del Sarca e proseguiva per la val di Ledro. Nei paesi di questo
territorio c'erano già 18 casse rurali. Gli austriaci diedero ordine
di evacuare totalmente i paesi sul fronte di guerra in 48 ore. Fu un
dramma per moltissime persone. Per la casse rurali era questione di
vita o di morte: registri, depositi ecc. Qualcuno depositò nella
cassa di risparmio di Trento o in altre banche i propri fondi. I
libri contabili furono solo in parte custoditi dai presidenti (quasi
tutte persone anziane che quindi non erano state reclutate per la
guerra) che vennero portati in Austria o Cecoslovacchia in campi di
fortuna. In alcuni casi i presidenti stessi proseguirono con
l'attività delle casse anche in queste zone per le necessità più
impellenti anche in mancanza dei direttori delle casse che essendo
quasi tutti giovani erano richiamati al servizio militare.
Alla
fine della guerra ben 12 casse rurali su 18 non avevano più i
registri. Si istituirono cosi delle commissioni costituite dal
parroco locale, dal direttore e dal presidente della cassa rurale se
erano sopravissuti alla guerra. In queste commissioni, ogni socio
veniva a dichiarare dei suoi depositi o prestiti. Si arrivò alla
fine ad avere una cifra talmente precisa che le cifre quadravano
quasi esattamente. Questi fatti storici, per la verità poco
conosciuti, devono farci riflettere sul valore dell'onestà e del
galantomenismo che sono valori sociali ma anche evangelici. Don Renzo
rifletteva: “Al
giorno d'oggi succederebbe lo stesso?”.
Che
legame aveva don Renzo con gli Schützen?
Don
Renzo instaurò un legame molto forte con gli Schützen. Talvolta lui
stesso era messo “in sospetto” di schierarsi politicamente poiché
gli Schützen erano legati a un partito locale. Tuttavia non era
così; lui vedeva il gruppo degli Schützen essenzialmente dal punto
di vista storico culturale e soprattutto per i valori sociali come
l'impegno, l'onestà e l'amore per la terra di cui erano portatori e
propugnatori. Erano questi i valori che secondo don Lorenzo bisognava
perseguire e che erano valori tipici della gente trentina.
Ricordo
che la domenica mattina ci trovavamo spesso in sacrestia prima della
messa per fare due chiacchiere anche di carattere sociale o politico:
nelle sue parole non prendeva mai posizione per un partito politico,
ma solo parlava delle problematiche politiche e sociali che
riguardavano la realtà trentina. Conosceva infatti la realtà
socio-culturale trentina molto bene, anche perchè la dirigenza che
c'era in quel periodo era quasi tutta uscita dall'Arcivescovile retto
dall'azione di monsignor Dalponte per lungo tempo.
Era
una personalità indubbiamente legata al mondo germanico visti gli
studi a Friburgo e i lunghi mesi di ricerca trascorsi negli archivi
di Innsbruck e di Vienna. Leggeva i giornali tedeschi e scriveva per
il Tiroler Almanach. Riguardo il passaggio del Trentino all'Italia
dopo la prima guerra mondiale
sosteneva
che i trentini non furono entusiasti di questo passaggio storico,
poiché vedevano l'Italia meno acculturata e socialmente evoluta. A
proposito di questo raccontava un aneddoto: nel 1919 i soldati
italiani, pochi giorni dopo l'entrata nel Trentino, appesero agli
albi comunali un avviso nel quale il re d'Italia proclamava il
Trentino come territorio italiano. Un tenente si mise a leggerlo e a
proclamarlo ad alta voce, pensando che quasi nessuno sapesse leggere,
ma, la sorpresa del tenente fu grande quando apprese che in Trentino
tutti sapevano leggere. L'analfabetismo nei territori austriaci era
molto basso rispetto a quelli italiani.
La
storia del Trentino era per don Renzo un esempio di vita per le
generazioni presenti e per quelle future. Ed era compito nostro farla
conoscere per poterla seguire.
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