mercoledì 30 gennaio 2013

Neve al monte, neve al piano e "neve" a farve benedir


Strenna Trentina, 1991, anno 70, p. 56

Così sentenziò il vecchio muratore giudicariese conosciuto per il suo abituale e quieto buon umore. Il compare gli aveva esposto un problema chiedendo consiglio; e lui, fattosi pensieroso, gli rivolse di rimando la domanda se sapesse quante sorte di neve c'erano. Il compare, un po' sorpreso, aveva pensato alle nevicate invernali, ai fiocchi soffici e leggeri o ad ampie falde, al nevischio farinoso delle bufere; ma incerto sulla precisazione aveva risposto semplicemente che la neve era sempre neve e che non aveva senso parlare di sorta. 
Ma il vecchio muratore affermò solennemente che le varietà di neve erano tre: «Neve al monte, neve al piano e "neve" (= voce dialettale per 'andate") a farvi benedire», e gli consigliò di tenere presente quest'ultima sorta se voleva risolvere saggiamente il suo problema. 
Il detto è entrato a far parte della sapienza popolare della valle e viene ripetuto quando uno si trova impari di fronte a certe situazioni e nell'impossibilità di risolvere taluni problemi o avverte il bisogno di non lasciarsi intrappolare da spietati meccanismi che lo potrebbero mettere in ginocchio. Il modo più sicuro d'uscire da queste situazioni, perché bisogna pur uscirne, è quello di troncare ogni rapporto, di calare la saracinesca e battere in ritirata, perché non si può resistere a lungo contro chi è assolutamente più forte di te. Se non te lo scrolli di dosso e riacquisti un tuo spazio di libertà o ti spezza o ti riduce a uno straccio. È necessario pertanto, se non vuoi che la vita vada inutilmente a rotoli, voltare decisamente le spalle a certe situazioni e affrontare un cammino nuovo. 
E' saggezza umana questa! E la battuta delle tre sorte di neve è colta in questo senso. Non è espressione di viltà. Viene scelta da chi fino a questo momento ha lavorato e lottato ma ora avverte che la corrente contraria è minacciosamente più forte. Non è nemmeno un'espressione di egoismo, perché l'egoista vive di astio e di invidia che lo rendono freddo e crudele; egli bada al suo interesse esclusivamente e pone attenzione agli altri solo se questi servono al suo tornaconto. Egli non conosce la terza neve; nelle difficoltà, anche nelle più ardue, continua a rodersi l'animo perché non vuole cedere a nessun costo. Non sa né perdonare né dimenticare, pensa solo alla rivalsa. La scelta della terza neve è di solito legata alla condizione di un poveraccio che sta per essere travolto e ha bisogno di fare un salto fuori della gola nera che sta trascinandolo via. Lo richiede appunto il buon senso. E siccome di buon senso ce n'è al mondo meno di quanto si creda, c'è anche chi al riguardo ha formulato una preghiera perché le sue scelte siano ben ponderate e intelligenti. È una preghiera che viene dal mondo anglosassone e suona così: «Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che si possono cambiare e la sapienza di conoscerne la differenza». Si ammette perciò anche con questa preghiera che vi siano ineluttabili vicende e casi così rigidi che non consentono un cambiamento. Sono situazioni familiari incresciose, avvertite e sofferte, per le quali non v'è alternativa d'uscita. È la scoperta d'un tradimento che crea danni irreparabili; è la constatazione di esserti fidato di una persona che non meritava nulla, perché alla prova dei fatti si è manifestata gretta, egoista, intollerante e tiranna. Oppure è la pretesa di terzi, di persone o di circostanze che chiedono troppo e non conoscono limiti alle loro pretese. Come salvarti in simili frangenti quando constati che la buona volontà non serve più? 
Per acquistare uno spazio di libertà e un gocciolo di serenità ci vuole un taglio netto, una decisa presa di coscienza, un atto di coraggio. Se una trappola ti blocca, a costo di fare come le volpi che si rodono la gamba intrappolata pur di liberarsi dal laccio, è anzitutto necessario non lasciarsi mai prendere dalla disperazione e raccogliere invece le proprie forze con una scrollata di spalle liberatoria e rasserenante per ricominciare altrove. 
Lorenzo Dalponte 

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