Nato a Castel Tesino il 15 gennaio 1899, ordinato sacerdote il 29 giugno 1922, morì nel campo di concentramento di Mauthausen, e, più esattamente, nel campo di lavoro di Gusen 2, a pochi chilometri da Mauthausen, nell'aprile del 1944.
Nei primi anni di sacerdozio fu cooperatore nelle parrocchie di Arco e di Denno e, nel 1928, fu nominato prefetto dei liceali del Collegio Vescovile di Trento. Passò poi a dirigere il convitto dell'Istituto Agrario di S.Michele e, nel 1942, fu inviato a Bolzano nella parrocchia di S.Giovanni Bosco.
I bombardamenti del 1943 lo obbligano a sfollare dalla città assieme alla maggior parte della popolazione. Egli torna al paese natale, dove si erano rifugiate molte famiglie trentine e venete. Si fa carico di un lavoro importante e istituisce un centro scolastico per gli studenti della valle, premiandoli lui stesso agli esami di idoneità in più discipline, in matematica, italiano, latino e greco.
Era un uomo di cultura, intelligente e amante dello studio. Nonostante i non facili impegni, s'era iscritto all'Istituto Cattolico di Studi Sociali di Bergamo e aveva conseguito la laurea in Scienze Sociali. I giovani lo amavano subito per il suo carattere aperto, generoso, franco e coraggioso. Innamorato della montagna, insegnava loro ad affrontarla con corde e picozze in estate, e con gli sci in inverno.
Non nascondeva il suo spirito cosmopolita, l'acceso antifascismo e, quindi, l'antipatia al nazionalsocialismo, quando i tedeschi, nell'autunno del 1943, con la caduta di Mussolini divennero padroni del suolo italiano. Tra i partigiani rifugiatisi sui monti della sua valle ha due carissimi nipoti, figli di una sorella. Tiene con loro un assiduo contatto, fa loro giungere viveri e li avverte ogni qual volta si prospetta un rastrellamento da parte delle forze tedesche di polizia. Quando vengono arrestate delle persone in paese, don Narciso, che conosce abbastanza bene il tedesco, cerca di aiutarle, presta loro i soccorsi della religione e ogni altro possibile conforto, attirando su di sé l'attenzione e i sospetti dei militari.
A Castel Tesino, nel tardo autunno del 1943, la popolazione vive giornate di angoscia. Avvengono arresti e fucilazioni. Alcune persone sono mandate al campo di concentramento di Bolzano. Anche don Sordo, alla fine di novembre, viene arrestato e trasferito nelle carceri di Borgo Valsugana, dove rima-ne venti giorni, continuamente minacciato e interrogato sulla presenza e sull'attività delle forze partigiane attive nella zona del Tesino. Poi anche lui viene inviato al campo di Bolzano, nel blocco E, quello dei «pericolosi», e segnato con il numero di matricola 7120. Vi resta un mese.
L'8 gennaio 1944 è tradotto con altri al campo di Mauthausen, in Austria. Qui gli viene tolta la veste talare e riceve l'uniforme di detenuto a strisce bianche e blu. Ma egli resta un prete, pensa più al bene degli altri che a se stesso, interviene spesso come interprete in difesa dei compagni, quando questi vengono bastonati per un nonnulla. Nel campo vi sono guardiani con una mazza di gomma in mano, capicamerata scelti fra i criminali comuni, che sono dei mostri di crudeltà e godono nel picchiare e malmenare i prigionieri fino a farli morire.
Don Narciso Sordo |
Ai primi di febbraio don Narciso viene a sapere che cinquemila detenuti andranno al campo di lavoro di Gusen 2, a pochi chilometri di distanza. Chiede di partire anche lui, perché gli risulta che a Gusen non vi sono preti. Viene accontentato. A Gusen il cibo è pessimo, il lavoro è pesantissimo, dodici ore al giorno. I detenuti sono sfiniti, esposti ad angherie e pestaggi da parte delle guardie S.S.
Don Narciso è debole e ammalato, ma ha il morale alto, nutre fiducia nella fine prossima. Nelle poche ore di riposo trova momenti per passare da un tavolato all'altro a confortare e a confessare. Un giorno tenta di difendere un compagno dalle randellate di un capoccia, attirandosi la sua ira, al punto da esser bastonato lui per cento metri e gli vengono fracassati gli occhiali. Fu l'unica volta che lo si vide piangere, lui che non aveva mai un lamento.
Un giorno non ne può più per i dolori intestinali e chiede di essere ricoverato in infermeria. Costretto a restare nudo in cortile per il turno del bagno, si muove anche lui quando suona la sirena dell'allarme aereo per andare al rifugio. Una massa di infelici disperati lo sorpassa e lo travolge. Non ha più forza di rialzarsi, è quasi cieco. Dopo l'allarme viene raccolto da alcuni compagni, ma è già morto. Erano i primi di aprile del 1944. Don Narciso Sordo aveva quarantacinque anni di età e ventidue di sacerdozio. (Continua)
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