lunedì 25 marzo 2013

La dispersione nei distretti


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In Boemia e ancor più in Moravia l'accoglienza fu cordiale e premurosa. C'erano i sindaci alle stazioni ed alla guida numerosi carri, che prelevavano 20-30-40 persone e le portavano nelle loro comunità, dove avevano preparato alla bell'e meglio una sistemazione in fabbriche, nelle scuole, nelle stalle o sotto le tettoie di vecchie baracche. Fu una dispersione enorme in tutte le direzioni, per 731 località in Boemia e 772 in Moravia, Dapprima ci si dovette adattare a tutto, a dormire in più famiglie in un unico stanzone sulla paglia, a cucinare insieme con un unico focolare. Poi si cercò dì assegnare ad ogni nucleo familiare una stanza e una cucina. 
Non mancarono nella popolazione ospitante casi di insofferenza e di ostilità, ma restarono provvisori e isolati. Il sospetto che i profughi trentini fossero stati allontanati dalle linee del fronte perché simpatizzanti per l'Italia fu causa nelle prime giornate di freddezza e di ostilità principalmente nei paesi di lingua tedesca. Ma non durò molto. Le autorità e il clero locali dissiparono i dubbi e fecero conoscere le circolari ufficiali del Governo austriaco che raccomandavano di offrire un buon trattamento ai profughi. I capitanati locali si diedero molto da fare. Intervennero anche i parroci dai pulpiti a spiegare alla loro gente l'odissea dei nostri profughi, le cui sofferenze, nel primo periodo dell'esilio, si possono ben immaginare, anche se è impossibile descrivere. 
Lentamente però i trentini cominciarono a farsi conoscere ed apprezzare, per la fedeltà alla pratica religiosa e la frequenza alle messe nelle chiese locali, per la cura dei bambini e dei vecchi. Non assomigliavano per nulla ai profughi che erano arrivati l'anno prima dalla Galizia, così antipatici, sporchi e pigri. I Trentini si guadagnarono presto e quasi dappertutto stima e ammirazione. La gente li vide cercare e trovare lavoro presso le grosse fattorie contadine, per guadagnarsi da mangiare e qualche soldo. E così nacquero tante amicizie che perdurarono anche dopo la guerra, con l'invio di lettere e cartoline per anni e decenni, perfino con scambi di visite, fino ai nostri tempi. 
Nell'Austria Superiore e Inferiore il Governo, già nell'estate-autunno del 1914, aveva provvisto all'alloggio di 700.000 profughi della Galizia polacca, invasa dall'esercito russo. Furono portati in molte province, anche della Slovacchia e dell'Ungheria, e sistemati in edifici pubblici, in capannoni industriali, nelle scuole. Si affidò ad imprese locali la costruzione in serie di baracche di legno che furono edificate in prossimità di piccole città, come Deutsch - Brod, Bruck a.d. Leitha, Wagna, Pottendorf, Mitterndorf e Braunau sull'Inn. Si parlava di «città di legno», perché formate da lunghe serie di baracche, dormitori, cucine, scuole, chiese e ospedali. 
I nomi furono presto noti, tristemente noti. I profughi avrebbero preferito restarne fuori, dispersi nei piccoli villaggi cechi o austriaci, perché in un ambiente libero potevano arrangiarsi meglio. Ma nei mesi di settembre e agosto del '15, il Ministero degli Interni concentrò nell'accampamento di Mitterndorf dalle 10 alle 11.000 persone, e in quello di Braunau sull'Inn altre 10.000, in 100 e più baracche. (Continua)


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